"La Storia Infinita", la Cassazione conferma le sentenze d'appello. Circa sessant'anni di carcere in tutto, quelli decisi dalla Corte suprema, per sette degli imputati coinvolti nella maxi inchiesta antidroga dei carabinieri che, di fatto, rappresenta uno spartiacque nella definizione della lotta allo spaccio in tutto il territorio: per la prima volta in città venne alzato il livello del contrasto al mercato della droga, delineando gruppi predominanti e ruoli; riconoscendo persino il ricorso alle armi per mantenere l'egemonia. Un quadro delineato dagli inquirenti e attaccato con forza dalle difese.

Le sentenze d'appello avevano raccontato di pene superiori ai settant'anni (circa 80) ma non tutte le parti coinvolte sono arrivate in Cassazione. Ieri brevi discussioni, poi la lettura del dispositivo. Pene confermate per tutti tranne che per Quadrini: annullato per lui il ricorso in ordine al rigetto delle attenuanti generiche. Per un difetto di motivazione. Quindi la Corte d'Appello dovrà riunirsi ancora per fare una motivazione strutturata. Inammissibili tutti gli altri motivi proposti da Quadrini e dagli altri difensori. Diversi i motivi dei ricorsi, soprattutto in relazione alla partecipazione alla associazione a delinquere contestata dall'accusa. Intense le discussioni delle difese: gli avvocati Buongiovanni, Corsetti, Cardillo Cupo, Mattia, Equizi e Filiano.

L'inchiesta
In primo grado nell'inchiesta aperta dalla procura e affidata ai militari dell'Arma i coinvolti erano stati 12. Novanta, allora, le pene complessive decise dal giudice Pierazzi nei confronti di 8 cassinati chiamati a rispondere di associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti (a 4 non era stato invece contestato il vincolo associativo). Per la prima volta era emerso anche l'uso delle armi per l'egemonia della piazza: l'ultima sparatoria a gennaio 2015, vero punto di partenza dell'indagine.

Poi la definizione per la magistratura di ruoli e posizioni. Per la procura Gennaro Ferreri era il dominus dell'intera organizzazione; Elio Panaccione, poi entrato in un programma di protezione, un'altra figura apicale; Antonio Masucci, il cassiere della banda; Luca Carlino, il "guardaspalle"; Antonio Terenzio, il capo area dello spaccio (per Terenzio, Carlino e Masucci è stato subito escluso che gli stessi fossero a capo dell'organizzazione nonostante le ipotesi del pm). Loris Marzella, invece, avrebbe gestito i pusher locali e Andrea Quadrini coordinato la piazza.

Le pene
Per Elio Panaccione, la condanna in Cassazione è stata pari a 8 anni e 6 mesi; per Antonio Terenzio a 9 anni e 5 mesi; per Antonio Masucci 10 anni; per Loris Marzella 6 anni e 7 mesi; per Gennaro Ferreri 16 anni; per Luca Carlino 8 anni. Andrea Quadrini, se confermata la pena d'appello, dovrà scontare 4 anni e 4 mesi.