Un'emergenza che si incastona in quella pandemica. Non è certo unica e isolata, ma è assai drammatica. Riguarda i disabili, ragazzi speciali che, insieme e grazie alle loro famiglie, ce la mettono tutta. Per loro il lockdown è durato un po' troppo e la richiesta di inserirli in un piano di vaccinazioni urgente continua a farsi sentire. La loro quotidianità non esiste più, in maniera differente rispetto agli altri. E le famiglie restano da sole!

Come vive una famiglia tutto questo? Che cosa c'è dietro le quinte del dramma?
Risponde il presidente dell'associazione "Il Ponte per L'Isola" con sede a Cassino, Edilio Terranova. «Il momento non è bello, tutti si lamentano di questo e di quello, delle misure prese e non prese, di fare la fila per qualsiasi cosa, di non poter andare a sciare, di dover fare le feste da soli. Dove ognuno ha qualcosa da dire e da urlare, c'è una categoria che non parla o grida: il mondo della disabilità. Durante quest'anno di "reclusione forzata" i disabili ne hanno risentito molto. Sono rimasti in religioso silenzio in casa, quasi sempre senza mettere mai il naso fuori dalla porta. Senza avere la possibilità di contatti con il mondo esterno, con il loro centro diurno, per chi aveva la possibilità di frequentarne uno.

Sono stati giustamente vaccinati gli operatori socio-sanitari, ma se vengono vaccinati gli Oss e tutti gli altri operatori e i disabili no, cosa accade?
Chi ha la possibilità di frequentare di nuovo il centro diurno, potrebbe pensare che la trasmissibilità è ancora presente perché i ragazzi non sono vaccinati. Voglio dire che quello che è stato fatto in una prima fase per le Rsa, vaccino a operatori e residenti, va fatto anche per i disabili, seguiti in casa o che frequentano i centri».

Le persone con disabilità come stanno vivendo questo delicato momento?
«Questo "momento" dura oramai da oltre un anno. E, soprattutto dal punto di vista psicologico, lo stanno vivendo in modo terrificante. La giornata tipo dei ragazzi che frequentavano i centri diurni, quando si viveva nella "normalità", era per loro rilassante anche se impegnativa. La trascorrevano in compagnia di altri ragazzi con le loro stesse problematiche, facendo attività didattiche o di socializzazione, con la supervisione degli operatori dei centri dove erano presenti anche figure professionali come la terapista occupazionale per la cura della persona, la musico-terapista, educatori, Oss, figure professionali, comunque, che li aiutavano nella socializzazione e nello sviluppo delle autonomie relazionali.

Come associazione abbiamo sempre cercato di stare attenti ad acquistare soprattutto nuovi strumenti tecnologici con indirizzo alla disabilità, e non, di supporto alle loro attività. Era per loro una seconda famiglia, dove l'assistente sociale e la psicologa si coadiuvavano tra di loro per raggiungere l'obiettivo dei progetti che periodicamente mettevano in campo. Inoltre questi ragazzi partecipavano ad attività motoria, a carico delle relative famiglie con altre associazioni sia in palestra che nella pista del campo sportivo, oppure in corsi di nuoto con istruttori specifici o in corsi di musica e canto».

E adesso?
«Tutto d'un colpo si sono ritrovati reclusi in casa, dove ancora oggi trascorrono le loro giornate. Soprattutto chi non ha a disposizione la possibilità di una persona cara di riferimento, che gli permetta un minimo di svago, di attenzione, in quanto, pur volendo pagare, causa Covid, è difficile trovarne di disponibili, anche tra gli operatori stessi per dare assistenza o semplicemente compagnia a queste persone che si richiudono sempre di più in se stesse.

Tutto il peso dell'assistenza e della socializzazione è rimasto in mano ai genitori, o al genitore o a un parente che facendo grandi sacrifici ha dovuto e dovrà continuare a farlo non si sa per quanto tempo ancora.
Ognuno di questi ragazzi ha la sua storia, il suo modo di viverla e dalle parole, dal modo di rapportarsi si capisce che c'è in loro tanta solitudine e tristezza.
Inoltre, moltissimi disabili non parlano, e se dovessero perdere il senso del gusto e dell'olfatto, che sono sintomi del virus, i genitori non lo saprebbero e si troverebbero di fronte a un baratro. Infine, hanno almeno un'altra preoccupazione, quella che per uscire per fare la spesa e commissioni varie, rischiano comunque di portarsi il virus in casa».

Per questi motivi sta continuando a fare appelli sul vaccino?
«Sì. Con la loro fragilità, non si sa per quanto tempo potranno reggere ancora, di certo la loro condizione è molto peggiorata.
Vacciniamoci, torniamo ad abbracciare il futuro, è uno spot bellissimo al quale però bisogna dare seguito al più presto, anche per queste persone fragili, e posso garantire che queste lo sono, e non è giusto né umano abbandonarle, diamo al più presto la giusta assistenza ai nostri ragazzi speciali. Cerchiamo di ridargli la vita».