Stalking tra colleghi di lavoro. Era questa l'accusa che pendeva sul capo di un dipendente amministrativo dell'azienda sanitaria locale di Frosinone.
L'ex compagna lo aveva denunciato, sostenendo di non avere più una vita da quando lo aveva lasciato. Ma l'uomo è riuscito a dimostrare che il rapporto era sempre stato burrascoso e che i due cinquantenni si lasciavano e poi tornavano insieme e che, dopo la denuncia di lei, le acque si erano calmate al punto che la donna si era costruita un'altra vita intorno a un nuovo amore. Da qui la decisione del giudice monocratico del tribunale di Frosinone di assolverlo.

I fatti tra i due ex colleghi alla Asl, ma in due uffici diversi, risalgono agli anni 2013-2014. Dopo 10 anni cessa la relazione tra i due, entrambi impiegati amministrativi. Secondo la denuncia presentata dalla donna, lui a quel punto comincia a perseguitarla, insultandola, seguendola con l'auto, controllandola sul posto di lavoro, chiamandola anche 30 volte al giorno. E ancora, la donna sostiene di esser stata importunata in un'altra occasione mentre stava al bar con il nuovo compagno.

Le cose, per la donna, sembrano peggiorare. Nella denuncia sostiene che lui inizia a inviarle una serie di lettere, lasciate sull'auto e sul posto di lavoro, dicendo che lei non si sarebbe mai liberata di lui.
Dalla denuncia prende avvio un procedimento penale che approda davanti al giudice monocratico Marta Tamburro. La donna si costituisce parte civile chiedendo i danni. L'uomo, difeso dall'avvocato Nicola Ottaviani, al giudice racconta la sua versione dei fatti nel corso di un lungo esame. Dichiara che loro sono andati avanti così per dieci anni: si lasciavano e si rimettevano insieme.

Secondo lui, non si sono mai separati. Riconosce che dopo la denuncia lui è stato costretto a lasciarla, che ci sono state anche delle aggressioni fisiche, ma si è trattato - sostiene l'uomo - di episodi reciproci come una volta che i due si sono lanciati contro le cornette del telefono. Racconta che si insultavano davanti ai colleghi. L'uomo afferma che andava da lei in un ufficio, per questioni amministrative e di affetto.

Il giudice, a quel punto, accoglie la tesi della difesa della reciprocità dei comportamenti, che non avrebbero comportato turbamento nella donna né mutamento delle sue abitudini di vita, tanto più che ha fatto una vita normale senza ripercussioni nelle relazioni. Così l'uomo è stato assolto perché il fatto non sussiste.