I monitor dell'alert lampeggiano da giorni anche in Ciociaria. La variante inglese preoccupa, anche perché nel Lazio è stata rilevata. Un virus nel virus. E proprio ieri l'assessore Alessio D'Amato ha detto in sede di commissione sanità del consiglio regionale del Lazio: «Nella nostra regione si è cominciata ad affacciare, con una presenza non importante come in altre regioni, la variante inglese. Allo stato attuale bisogna mantenere ancora alta l'attenzione rispetto alla circolazione del virus, seppure alcuni indicatori siano in lieve diminuzione».

L'Azienda Sanitaria mantiene la guardia altissima: diversi tamponi sono stati inviati allo Spallanzani, ma finora nessun caso riconducibile alla variante inglese. Ieri sera nuovo campanello d'allarme dal Regno Unito: due nuove varianti inglesi del Coronavirus che preoccupano scienziati e medici. Soprattutto in ottica vaccini e su quanto questi possano essere efficaci come sulle varianti già esistenti.

Di cosa si tratta
La variante inglese del Covid-19, indicata con le sigle 20B/501YD1 oppure B.1.1.7, è caratterizzata da 23 mutazioni, 14 delle quali sono localizzate sulla proteina Spike del virus. Le varianti rappresentano il codice genetico del Sars-CoV-2, che ha acquisito una o più mutazioni. Le mutazioni consistono in variazioni che cambiano le caratteristiche del virus. In un documento del New and Emerging Respiratory Virus Threats Advisory Group si sottolinea come la mutazione rilevata nella posizione 510 della proteina Spike renda il virus più contagioso in una percentuale oscillante tra il 30% e il 50%. E che potrebbe avere una mortalità superiore dal 30% al 70%. Anche se il gruppo di esperti ha rilevato che i dati non sono definitivi e quindi dovranno essere ulteriormente analizzati. Si legge nel report: «Queste analisi indicano che probabilmente la variante B.1.1.7 è associata a un aumento del rischio di ospedalizzazione e morte rispetto all'infezione da Coronavirus non dovuta alla variante B.1.1.7». I sintomi della variante inglese sono gli stessi del Covid-19 senza mutazioni. E dai primi studi effettuati è emerso che i vaccini Pfizer, Moderna e Astrazeneca funzionano contro questa particolare variante.

La diffusione in Italia
La media della prevalenza della variante inglese nel nostro Paese è del 17,8%. Con punte del 59% in Molise, del 50% in Abruzzo. In Lombardia è del 30%, in Emilia Romagna del 28%, in Veneto del 19%. Nel Lazio è del 18%. Vuol dire che il 18% dei nuovi casi positivi appartiene alla variante inglese. Lo studio è parametrato su un campionamento realizzato tra il 4 e il 5 febbraio in 16 tra regioni e province autonome. Con l'obiettivo di capire quanto è diffusa in Italia la variante inglese.

In Francia la prevalenza è del 20-25%, in Germania sopra il 20%. Il presidente dell'Istituto Superiore di Sanità, Silvio Brusaferro, ha spiegato: «Il dato di circa il 18% di prevalenza è in linea con quelli europei, ma sappiamo che la variante inglese nell'arco di 5 o 6 settimane potrebbe sostituire completamente o quasi l'altro ceppo attualmente circolante». L'epidemiologo Alessandro Vespignani, in un'intervista a La Repubblica, ha rilevato: «Arriverà ad essere prevalente grazie alla maggiore capacità di infettare. Sars-Cov-2 e la variante inglese diventeranno tutt'uno. Per i ceppi del passato ci sarà sempre meno spazio». E ancora: «Le prime notizie che arrivano dalla Gran Bretagna sulla sua severità non sembrano tranquillizzanti.

Dati preliminari di questi giorni indicano che possa causare una malattia più grave. L'aumento della prevalenza non si può frenare, è solo questione di tempo».
La variante inglese (che ha un numero di mutazioni pari a 23) è presente in 82 Paesi. Quella brasiliana (17 mutazioni) in 18 nazioni (in Italia è stata rilevata in alcune zone della Lombardia e dell'Umbria). Poi c'è la variante sudafricana (21 mutazioni): è diffusa in 41 Paesi.
Tornando alla variante inglese, l'Istituto Superiore di Sanità ha scritto tra l'altro nella relazione: «Nel contesto italiano in cui la vaccinazione delle categorie di popolazione più fragile sta procedendo rapidamente ma non ha ancora raggiunto coperture sufficienti, la diffusione di varianti a maggiore trasmissibilità può avere un impatto rilevante se non vengono adottate misure di mitigazione adeguate». Il che vuol dire che bisognerebbe accelerare sul versante delle vaccinazioni. Oltre a mantenere misure come l'uso della mascherina e il rispetto del distanziamento. Ma non solo. Il fatto che si stia procedendo con l'istituzione di zone rosse è indicativo.

Gli indici in Ciociaria
Il numero dei contagiati in provincia di Frosinone dall'inizio della pandemia è di 19.239. I decessi sono stati 376. I residenti nei 91 Comuni ciociari sono 489.083. Il tasso di mortalità misura il rapporto tra i morti per la pandemia e il numero degli abitanti. Significa che c'è stato un decesso per Coronavirus ogni 1.300,75 abitanti. L'attuale indice di mortalità è 0,076%. Dividendo invece il numero degli abitanti per quello dei contagiati, emerge che in Ciociaria ha contratto il virus una persona ogni 25,42 residenti. La percentuale è 3,93%. C'è poi l'indice di letalità, cioè il rapporto tra persone finora contagiate e decessi. La percentuale è dell' 1,95%. Vuol dire che si è registrato un decesso ogni 51,16 persone contagiate.

Le traiettorie della curva
Le persone che hanno contratto il virus in Ciociaria sono dunque 19.239. L'andamento è indicativo. Per superare i 1.000 casi ci sono voluti 209 giorni, dal due marzo al ventiquattro settembre. Per arrivare a 2.000 invece sono passati 24 giorni, dal venticinque settembre al diciotto ottobre. Poi, per oltrepassare i 3.000 casi, di giorni ne sono bastati 6, dal diciannove al ventiquattro ottobre. Ancora: da 3.000 a 4.000, appena 5 giorni, dal venticinque al ventinove ottobre. E da 4.000 a 5.000 soltanto 3 giorni: trenta ottobre, trentuno ottobre, primo novembre. Sono stati 4 i giorni per arrivare a 6.000: dal due al cinque novembre. 3 giorni per arrivare da 6.000 a 7.000: dal sei all'otto novembre. Proseguendo, 5 giorni per arrivare e superare quota 8.000: dal nove al tredici novembre. E 5 giorni pure per oltrepassare i 9.000: dal quattordici al diciotto novembre. Mentre da 9.000 a 10.000 sono trascorsi 3 giorni: dal diciannove al ventuno novembre. Infine, da 10.000 a 11.000 casi i giorni passati sono stati 7, dal ventidue al ventotto novembre.

Da 11.000 a 12.000 di giorni ne sono trascorsi 10: dal ventinove novembre all'otto dicembre. Poi 9 giorni (dal nove al diciassette dicembre) per passare da 12.000 a 13.000 casi. Infine, 10 giorni per passare da 13.000 a 14.000 contagi, vale a dire dal diciassette al ventisette dicembre. Mentre per arrivare a 15.000 casi di giorni ne sono trascorsi 7: dal ventotto dicembre 2020 al tre gennaio 2021. Quindi, 7 giorni pure per passare da 15.000 a 16.000: dal quattro al dieci gennaio. Poi 12 giorni per arrivare a quota 17.000 partendo da 16.000. Dall'undici al ventidue gennaio. E sempre 12 giorni per oltrepassare i 18.000 partendo da 17.000: dal ventitré gennaio al tre febbraio. Mentre sono passati 11 giorni per oltrepassare i 19.000: dal quattro al quattordici febbraio. Questa la sequenza com-
pleta: 209-24-6-5-3-4-3-5-5-3-7-10. Quindi, 9-10-7-7-12-12-11.

Le fasi della pandemia
Siamo ormai nella cinquantunesima settimana dall'inizio della pandemia in provincia di Frosinone. Sono passati 352 giorni dal primo caso registrato il due marzo scorso. In questa settimana ci sono stati 41 nuovi casi il quindici febbraio e 98 il sedici. Per un totale di 139 e una media di 69,5 ogni ventiquattro ore. La cinquantesima settimana era andata in questo modo: 25 contagi l'otto febbraio, 79 il nove, 108 il dieci, 115 l'undici, 114 il dodici, 96 il tredici e 124 il quattordici. Per un totale di 661 e una media quotidiana di 94,42. La prima ondata è durata dal due marzo al venti giugno 2020. Fino ad allora in Ciociaria c'erano stati 679 contagiati e 52 decessi. Poi un periodo, che va dal ventuno giugno al ventinove settembre, nel corso del quale i contagiati sono stati 400 e i decessi 7. La seconda ondata è iniziata il 30 settembre.

Da quel momento in Ciociaria ci sono stati 18.160 contagi e 317 decessi. Cioè il 94,39% dei casi totali dall'inizio della pandemia. E l'84,30% dei decessi. Sul fronte dei contagi la seconda ondata è stata 26,74 volte superiore rispetto alla prima. Mentre per quanto riguarda i decessi, sono stati 6,09 volte maggiori. In tutto il 2020 in provincia di Frosinone ci sono stati 14.681 contagi da Covid-19. E 266 decessi. Mentre dall'inizio del 2021 i contagi sono stati 4.558 e i decessi 110. A marzo 2020 i decessi sono stati 25, ad aprile 23, a maggio 2, a giugno 8. Poi zero morti sia a luglio che ad agosto, 1 a settembre e 9 ad ottobre. A novembre sono stati 100: media di 3,33 al giorno. A dicembre 98 morti positivi al Sars-Cov-2. Per una media di 3,16 ogni ventiquattro ore. A gennaio si sono registrate 73 vittime in trentuno giorni. Una media di 2,35 ogni ventiquattro ore. Nel mese di febbraio i decessi sono stati 37 in sedici giorni. Media di 2,31 ogni ventiquattro ore.