Il Comune di Frosinone ha acquisito le carte dell'omicidio di Gloria Pompili e adesso partiranno gli accertamenti per capire, dopo le censure dei magistrati sulle condotte dei servizi sociali, se vi siano responsabilità o meno in capo a funzionari o dipendenti. Sarà il dirigente Andrea Manchi a valutare la situazione e a prendere eventuali provvedimenti consequenziali.
Secondo i giudici che hanno condannato sia in primo sia in secondo grado Saad Mohamed Elesh Salem e Loide Del Prete per la morte della giovane frusinate, Gloria Pompili è stata abbandonata da tutti e, di fatto, anche da chi, istituzionalmente, i servizi sociali del Comune di Frosinone, avrebbe dovuto sostenerla.

L'atto di accusa è contenuto nelle motivazioni della sentenza della Prima Corte d'Assise d'Appello di Roma e in quelle della sentenza della Corte d'Assise di Latina
«Quanto ai servizi sociali di Frosinone - è scritto nelle motivazioni della sentenza di secondo grado - a dir poco "impressionanti" risultano le dichiarazioni rese dall'assistente sociale che avrebbe dovuto occuparsi del benessere dei figli minori della parte offesa da cui emerge "che, in realtà, i servizi sociali hanno garantito solo una loro presenza formale, accettando e consentendo una situazione intollerabile di devastazione di una giovane ragazza e di inflizione di maltrattamenti e traumi a due bambini piccoli". Ebbene la "tolleranza" accordata dai servizi sociali, unitamente all'incapacità di altri soggetti vicini a Gloria di intervenire "hanno naturalmente accresciuto la forza violenta e minacciosa dei due imputati, non avendo Gloria alcuna possibilità di difesa dalla loro azione, vista l'inerzia di tutti coloro che la circondavano, anche di chi per ruolo istituzionale o familiare sarebbe dovuto intervenire"».

E poi ancora: «Quanto all'attività di prostituzione svolta in casa, è emerso che quando la parte offesa (Gloria Pompili, ndr) riceveva i clienti, l'imputata (Loide Del Prete, ndr) "si occupava" dei bambini portandoli via salvo poi "riconsegnarli a Gloria in cambio del denaro che questa aveva appena ricevuto", oppure mettendoli in una cesta appesa al balcone. Peraltro tale inquietante prassi, notata dalla moglie del proprietario dell'abitazione (dove viveva Gloria, ndr) veniva riferita dalla stessa ai servizi sociali del Comune di Frosinone, i quali ciononostante non intervenivano (l'assistente sociale con cui aveva parlato la donna si limitava a risponderle "fai una foto e portala qua")».
Parole durissime, che fanno pendant con quelle dei giudici di primo grado della Corte d'Assise di Latina che avevano, in un passaggio della sentenza, puntato l'indice contro i servizi "colpevoli" di essersi limitati, nell'assistenza alla giovane, «a incontri formali e vuoti di contenuto».

«La zia ed il suo compagno in modo freddo e pianificato, hanno approfittato dell'isolamento sociale di questa ragazza - di fatto abbandonata anche dai servizi sociali che si limitavano a incontri formali e vuoti di contenuto - costringendola, con vera crudeltà, a prostituirsi, picchiandola ed umiliandola, giornalmente, anche dinanzi ai suoi due figli ai quali gli imputati hanno fatto vivere un primo periodo della loro infanzia tremendo di cui porteranno, inevitabilmente, i segni per tutta la vita» hanno scritto i giudici, stigmatizzando «incredibile trascuratezza e superficialità» da parte dei servizi sociali. Una delle parti civili, rappresentata dall'avvocato Luigi Tozzi (per l'altra c'è l'avvocato Marco Maietta), ha già chiesto pure l'invio degli atti in Procura per valutare la posizione dei servizi sociali di Frosinone ed è anche pronto a partire un esposto autonomo. Adesso anche il Comune farà la proprie valutazioni.