«La più fruttuosa base di spaccio della provincia di Frosinone, perché in un unico luogo riesce a concentrare lo smercio di quantitativi di droga nell'ordine di diverse decine di migliaia di euro al giorno». La Corte d'appello di Roma nel motivare le condanne per l'operazione Fireworks, citava le parole della polizia giudiziaria. Si tratta dell'inchiesta sul gruppo attivo nella "finestrella" del Casermone, smantellato da carabinieri e polizia il 7 dicembre 2016 con 43 arresti. Ora sono divenute definitive le quindici condanne per chi ha scelto il rito abbreviato. Ieri la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili tutti i ricorsi presentati dalle difese degli imputati. Il caso, dunque, almeno per il primo gruppo di imputati è chiuso.

Chi ha optato per il rito ordinario, invece, è ancora a giudizio davanti al tribunale di Frosinone. In appello Gerardo e Mirko Valenti, 67 e 33 anni, padre e figlio, quest'ultimo ritenuto dall'accusa il promotore dell'associazione e l'altro il principale collaboratore, erano stati condannati a nove anni e mezzo e a nove anni, due mesi e 20 giorni. Al loro principale collaboratore, Gianpaolo Scuderi, 50, erano stati inflitti otto anni, dieci mesi e 20 giorni. Per i tre frusinati, già in appello, era caduta l'accusa di autoriciclaggio. L'accusa iniziale, infatti, era oltre che di associazione a delinquere finalizzata allo spaccio, di riciclaggio e autoriciclaggio nell'ambito dei sequestri, compiuti alla frontiera, del denaro destinato a essere reinvestito in un ristorante a Torre del Mar, nella provincia di Malaga, in Spagna.

Gli altri coimputati, sempre in appello, avevano ottenuto pene decisamente più contenute. E dunque: per Mirko Celani, 29, frusinate, e Omar Iaboni, 41, di Veroli, quattro anni, dieci mesi e 20 giorni; per Giuseppe Liburdi, 29, quattro anni e otto mesi, così come per Marco Magliocchetti, 48, Giuseppe Fiorillo, 29, tutti del capoluogo. Quattro anni, cinque mesi e 10 giorni per:  Jury Celani, 53,  Antonio e Giovanni Scuderi, 25 e 28, Massimo Frattali, 29, Alessandro Reffe, 42, Vittorio Di Maulo, 48, e Gerardo Ruspantini, 48, tutti di Frosinone. Secondo quanto ricostruito da carabinieri e polizia, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia di Roma, alla finestrella era operativa una base di spaccio, operativa 24 ore su 24.

I ricavi giornalieri arrivavano anche a 40.000 euro. In una settimana come ricostruito dalla squadra mobile di Frosinone sulla base di una deposizione al processo con il rito ordinario potevano smerciare 10.000 dosi.
Quindi ogni 10.000 euro guadagnati in un turno, scattava per gli addetti alla vendita e alle vedette un premio di produzione di 100 euro. Erano stabilite regole ferree con tanto di sanzioni per chi non le rispettava.

L'indagine è nata da una costola dell'altra operazione antidroga, quella degli Intoccabili: quando uno degli indagati di questo gruppo ha venduto l'auto, con dentro una cimice, a un esponente dell'altra organizzazione, gli investigatori hanno iniziato a monitorare così pure la "finestrella" del Casermone.
Secondo i giudici di appello «in considerazione della concreta capacità operativa del gruppo, idonea a far fronte alle esigenze di un elevatissimo numero di tossicodipendenti, dell'elevato volume giornaliero delle vendite, dell'articolata organizzazione e della capacità di approvvigionamento continuo...deve ritenersi che l'associazione sia nata e abbia operato per trattare consistenti quantitativi di stupefacenti». E ascoltando uno degli indagati, intercettato, si parlava di 30-35 persone. Nel collegio difensivo gli avvocati Tony Ceccarelli, Luigi Tozzi, Alessandro De Federicis, Marco Maietta, Eliana Scognamiglio, Francesco Tagliaferri e Vittorio Vitali.