Tutto il mondo parla di vaccini, mai come in questo momento così delicato le richieste di ricevere la fatidica doppia dose di medicinale sembra essere una delle priorità necessarie per poter affrontare il futuro. Tra tutte le categorie, le associazioni, le fasce sociali che si sono fatte avanti e che hanno richiesto a gran voce il vaccino anti Covid ognuno aveva le sue buone ragioni. Ma, come spesso accade, a restare indietro sono stati i disabili, abbandonati nell'oblio.

Loro, che non possono frequentare centri diurni, andare a scuola, seguire le attività terapeutiche in presenza perché sono soggetti più delicati e un rischio minimo per altri rappresenta un grande pericolo per loro. Che sono praticamente segregati in casa da un anno e non riescono a capire perché la vita sia diventata, tutto a un tratto, così complicata. Sono bambini, adolescenti, giovani e adulti. Al loro fianco famiglie, genitori, che vivono giorno dopo giorno nell'incognita del domani. Nessuno sembra ascoltarli, nessuno si è fermato per chiedere a questi eroi della vita quotidiana, i genitori, cosa sia necessario per poter riportare un po' di qualità nella vita dei loro ragazzi. Ma le loro voci sono forte, decise, calde.

Le testimonianze
«Siamo un piccolo gruppo di mamme con figli diversamente abili che non sa quando e se i nostri figli saranno vaccinati» sono loro a "raccontarsi" . Francesca mamma di Alba di 6 anni: «So che Alba per la sua età non può essere vaccinata, però chiedo che io e suo padre "per proteggere lei" possiamo essere inseriti quanto prima nelle persone da vaccinare, non sappiamo nulla, ci consigliano di scrivere al direttore sanitario dell'ospedale che a sua volta ci invita a scrivere alla responsabile dell'ufficio vaccinazioni Asl che dice che non ci sono ancora disposizioni in merito; nel frattempo però adottiamo tutte le misure di sicurezza per nostra figlia soprattutto per consentirle di frequentare la scuola primaria che le ha permesso di uscire da un guscio chiuso dal 4 marzo 2020, in attesa che dal governo centrale i disabili e i loro cargivers vengano contemplati come categorie vulnerabili».

«Sono Claudia la mamma di Chiara di 33 anni. Mia figlia frequenta o meglio dire frequentava il Centro Arcobaleno di Caira, non esce da casa dallo scorso marzo. Chiara non ha la percezione del tempo, dunque la certezza che prima o poi tornerà a uscire e a rivedere i suoi amici del centro. Io sono stanca, stufa di sentirmi dire di avere pazienza da chi non ha vissuto sulla propria pelle né l'amore né il sacrificio. Cari politici occorre una grande forza morale per farsi carico di una parte minima dei problemi altrui, facilmente dimenticate i diversamente abili. Nella società odierna si parla di integrazione, di rispetto della dignità umana, ma in realtà nessuno si interessa realmente alle problematiche legate alla disabilità, spesso le famiglie sono lasciate sole con i loro problemi. Io come mamma non chiedo e non voglio un "trattamento speciale" per mia figlia, io voglio, esigo rispetto dei diritti di Chiara e di tutti i diversamente abili, esigo risposte. Mia figlia non parla, ma con i suoi sorrisi esprime, nonostante tutto, la fiducia in un mondo dove si rispettino i diritti di tutti».

Paola, mamma di Rita: «È «È passato un anno dal suo ultimo ricovero. Il 10 febbraio 2020 entriamo al Gemelli con febbre altissima, ancora non si sapeva nulla del Covid ma pochi giorni dopo tutto è iniziato. Usciti dall'ospedale mi sento ripetere "Rita è vulnerabile, dovete proteggerla". Non bisogna avere una disabilità per chiedere protezione, uno spera sempre che i diritti dei nostri figli siano rispettati. Ma una mamma di un figlio disabile ha paura, più degli altri. Non vive mai serena.... Nemmeno quando la vedete sorridente o vestita e "truccata". Si truccata è la parola giusta. Noi mamme speciali non facciamo mai trasparire le nostre paure, il nostro dolore perché i nostri figli ci hanno insegnato a sorridere sempre perché loro pensano che non esiste il menefreghismo, la superficialità, loro si fidano di tutti anche di uno stato che non li considera proprio. Forse proprio per questo abbiamo il diritto di essere ascoltate».

Silvana madre di Giovanni di 31 anni: «Fino a un anno fa mio figlio era molto impegnato. La mattina al Centro diurno Arcobaleno di Caira e il pomeriggio, con sua grande partecipazione, nuoto, ballo, motoria e teatro. Da marzo 2020 tutto sospeso. Da 4 mesi, osservando le massime precauzioni da parte nostra e degli operatori tutti, ha ripreso a frequentare la mattina il centro diurno. Poi più nulla, si sta chiusi in casa e si esce solo per le effettive necessità sempre con una grande paura. Per un ragazzo come Giovanni ammalarsi di Covid potrebbe essere letale. Con le altre mamme ci siamo date da fare a destra e a manca per sapere quando è previsto il vaccino per i nostri ragazzi così fragili, ma nessuno sa nulla. Noi famiglie di ragazzi disabili diamo la vita per loro e sentirci così trascurati, anzi ignorati da chi di dovere, ci butta nella disperazione e mette a dura prova la nostra resistenza».

Sono quattro mamme, quattro donne, i figli sono piccoli, adolescenti, adulti. Ognuno di loro ha delle esigenze, proprio come tutti gli altri, ma vive nella paura, nel terrore, amplificato dalle mille difficoltà quotidiane. Nessuno ha prestato ascolto, nessuno si è fermato per capire veramente il motivo di queste richieste e l'apprensione di un genitore che, guardando negli occhi il proprio figlio ingenuo, dolce, fragile, deve trovare tutta la forza del mondo per dirgli ancora una volta: andrà tutto bene. Non bastano più arcobaleni e inni nazionali cantati dai balconi, servono certezze e attenzione, anche e soprattutto a chi, fin troppo spesso, viene "usato" per propagande e proclami ma che poi viene lasciato indietro.

«Chiediamo a gran voce che i nostri figli siano considerati del loro diritto alla salute», più che un appello, quello di queste quattro madri sembra un vero e proprio ruggito.