Donne, imprenditrici e con la scintilla giusta per affrontare questo periodo tutto in salita, laddove le discese quasi non si vedono. Eppure c'è chi va avanti, come uno scultore quando lavora la "pietra dura" e prova a eliminare le scorie. E quando il coraggio sembra mancare, si fa squadra e ci si reinventa pure.
La prima si chiama Federica Comparone, è titolare di una bio profumeria con annesso centro estetico, sia servizi alla persona che vendita ed erboristeria. Ha 37 anni e da 7 lavora in viale Dante.

Come state vivendo questo momento?
«Siamo aperti, anche in zona arancione lo siamo stati. Certo la mole di lavoro è diminuita ma io non ho mai avuto un approccio negativo. È vero che la situazione è critica, quello che ci devasta di più non è la mole di lavoro che scema quanto l'incertezza, è quello che crea il danno più grande. Per quanto una partita iva non sia mai certa dell'incasso, prima del Covid si potevano avere delle previsioni ma in questo momento non si possono fare più. È tutto imprevedibile, vuoi per le zone che cambiano e vuoi per la gente che ha giustamente timore. Le fedelissime non mancano mai e la vendita ha avuto conseguenze marginali, anche se è chiaro che si spende molto meno. A livello di servizi anche prima lavoravamo con mascherine, c'erano disinfettanti e presidi medici per igienizzare gli attrezzi e i locali. Siamo penalizzate dal fatto che, pur avendo una grossa metratura, tra un appuntamento e un altro facciamo passare del tempo per areare il locale. Ma al di là di questo, il mio approccio è positivo».

In che senso?
«Già la situazione è quella che è, appesantirla di più mi sembra soltanto contro producente, il cliente deve trovare una persona ben disposta, accogliente, in quei 10 minuti che ha deciso di trascorrere fuori casa, deve trovare un volto allegro. Nonostante le mie paure e incertezze, i clienti vengono prima di tutto. A Natale ho riempito il negozio di merce, ho addobbato le vetrine e continuerò a farlo».

Avete anche promosso iniziative in comune...
«Sì certo. A Natale abbiamo fatto delle "gift box" in collaborazione con alcuni negozianti della zona, con prodotti misti. Sia da uomo che da donna che da bambino. Tutti insieme, con merce da ogni attività.
Personalmente ho incentivato il lavoro manuale, utilizzando come idee regalo anche cose fatte a mano da una artigiana di Cassino e abbiamo fatto pochette o calzette per la Befana. Ho lavorato con l'economia locale, abbiamo fatto prodotti fatti a mano. Non abbiamo mai abbassato la guardia, abbiamo investito in nuove cose. Da parte mia non ci saranno mai lamentele, già le persone non hanno voglia di uscire, dobbiamo implementare il desiderio di vedere, dobbiamo incuriosirli, essere propositivi. E anche laddove non arrivano aiuti, io dico, tiriamo avanti noi. Senza polemiche con nessuno, sono dell'idea che bisogna rimboccarsi le maniche e tirare avanti».

Il racconto di Chiara
Poco distante c'è un'altra imprenditrice che non si arrende.
Chiara Pittiglio, 41 anni, ha una attività di abbigliamento. «I miei genitori l'hanno aperta 48 anni fa, tra due anni saranno i primi 50 anni. Io la porto avanti per scelta: dopo gli studi universitari, un master e un lavoro fuori, a 29 anni ho deciso di tornare qui a Cassino. Una scelta consapevole ed entusiasta. Quando io ho iniziato a inserirmi il commercio già era un po' in crisi, non erano gli anni Novanta, il mio approccio è questo. Nonostante le difficoltà che sono indubbie, bisogna cercare sempre di stare al passo coi tempi che cambiano, la mia è una boutique, molto di nicchia, il 90% della merce non si trova sulla rete, molti prodotti sono personalizzati, faccio con le aziende un discorso di piccole produzioni, importo dall'Inghilterra, lavoro su misura e sulla personalizzazione o, almeno, è quello che cerco di fare e i clienti lo apprezzano.

Lavoro molto sul servizio, sono convinta che le uniche armi rimaste siano proprio la competenza, il servizio, l'educazione, l'accoglienza, il rispetto e l'entusiasmo. Questa per me è la formula. Accolgo, offro il caffè, la poltrona, do dei consigli, possiamo tutti dare una ricchezza interiore. Questo è il di più che possiamo dare. Per questo riguarda il resto, sostengo che i panni sporchi si lavino in casa, tra colleghi ci possiamo confrontare, avere momenti di scoramento ma è sempre importante dato un messaggio positivo e presentarsi alla gente con il sorriso. Noi non vendiamo beni di prima necessità quindi è nostro dovere regalare, a chi varca la soglia, dieci minuti o due ore di leggerezza, aiutarli a non sentire le negatività. Anche per questo, insieme ad altre colleghe abbiamo promosso iniziative in comune».

Sono alcuni dei volti del commercio in pandemia. I problemi non mancano ma il "retrobottega" di tanti piccoli imprenditori scatta una fotografia nitida di impegno e perseveranza. Come tanti.