«Dire quello che penso, fare quello che dico e assumermi la responsabilità di quello che faccio.
Forse può apparire banale, ma quello che so è che la fedeltà a queste regole mi ha aiutato moltissimo». Così si descriveva il senatore Romano Misserville. Aggiungendo: «Nella vita sono più le sconfitte che le vittorie, più le delusioni che le gioie. Ma voglio raccontarle una cosa: ho sconfitto un tumore alle corde vocali e in sala operatoria sono entrato fumando.
Poi però non ho più toccato una sigaretta». Romano Misserville è morto ieri all'ospedale Fabrizio Spaziani di Frosinone, dove era ricoverato da qualche giorno. Il prossimo 20 aprile avrebbe compiuto 87 anni. È stato un gigante: nella politica, nella professione di avvocato, nella vita. Ironico, sferzante, amava non prendersi troppo sul serio e non si preoccupava di piacere agli altri. Uomo a tinte forti, coltivava le passioni. Due in particolare: l'arte e i cavalli.
Ripeteva spesso: «Non riesco a stare lontano dagli ippodromi. È l'unico posto in cui non si corre il rischio di incontrare gli asini». In politica era entrato prestissimo. Al Movimento Sociale Italiano si iscrisse a 15 anni.

La raccontava così: «Nel 1948 fondai la sezione Msi di Ceccano. Allora il Movimento Sociale era il partito dei patrioti e "attirava" molti giovani. Aderii più per motivi sentimentali che politici. Conoscevo perfettamente i rischi, anche fisici. Ma rifarei un milione di volte quella scelta. Perché, come diceva Ezra Pound, se una persona non è disposta a difendere le proprie idee, delle due l'una: o non valgono niente le idee o non vale nulla la persona. Il Movimento Sociale è stata la scelta fatta da un innamorato». Quattro volte senatore della Repubblica, è stato vicepresidente dell'aula di Palazzo Madama. Tra i fondatori di Alleanza Nazionale. Figura storica della Destra, non soltanto ciociara. Di Giorgio Almirante disse: «È stato un personaggio dantesco.
Con una fiaccola dietro le spalle, ha guidato una comunità di tante persone politicamente discriminate fuori dal buio». Con Gianfranco Fini ebbe un rapporto conflittuale. Nel 1998 la frattura.

Il referendum aveva abolito il finanziamento pubblico ai partiti, reintrodotto sotto forma di rimborso elettorale.
Misserville fondò il movimento Destra di Popolo e chiese i 169 milioni di lire destinati al nuovo partito.
La reazione di An fu durissima: espulsione. Scontro al vetriolo. Romano Misserville i soldi li aveva dati in beneficenza ad istituti per anziani, all'ospedale di Ceccano, a fondazioni umanitarie. La sua era stata una provocazione politica. Con Gianfranco Fini però i rapporti si interruppero bruscamente. Anni dopo Misserville spiegò: «Sinceramente non faccio parte di quella schiera di classe dirigente di An che a Fini ha leccato le scarpe quando era in auge, per poi abbandonarlo quando la fortuna politica ha preso un'altra strada. Fui espulso da An per aver fatto scelte contrarie sui contributi per il finanziamento pubblico dei partiti, che ho sempre contrastato». Il 25 marzo 1998 Romano Misserville aderì all'Udr di Francesco Cossiga, che poi diventò Udeur. Il 22 dicembre 1999 fu nominato sottosegretario alla Difesa del secondo governo presieduto da Massimo D'Alema, ma pochi giorni dopo (il 30 dicembre) si dimise dall'incarico dopo la bufera politica che si era scatenata per una sua intervista al quotidiano La Repubblica.

Misserville si era definito uomo di Destra ed ex fascista e accostò la figura di Massimo D'Alema a quella di Giorgio Almirante. Questa la sequenza di alcune domande e risposte. Il suo maestro è? «Almirante. Dopo di lui non ho più avuto grandi rapporti distima nédi collaborazione politica. Aveva un'altra stoffa». Altra rispetto a chi? «A tutti quelli che sono venuti dopo».
Non ne rintraccia nessuno alla sua altezza? «D'Alema, forse. Ha uno stile che gli somiglia». In cosa, se può dirlo? «Nel fatto che anche D'Alema, come Almirante, sa coniugare la militanza politica di parte con una visione obiettiva dei compiti di un capo di governo».
Almirante non ha mai guidato un governo. «Lo avrebbe fatto così. Nemmeno D'Alema prima d'ora d'altra parte». Il ritratto di Mussolini se lo porta al ministero? «Certo, è un cimelio». Successe letteralmente il finimondo.

Diverso tempo dopo Romano Misserville dichiarò a Ciociaria Oggi: «D'Alema già allora era odiato dal popolo della sinistra, che lo considerava irridente.
Però lui aveva capito perfettamente la fase politica».
Amava stupire e le polemiche lo divertivano. Il 30 luglio 1987, durante la seduta di presentazione al Senato del Governo di Giovanni Goria, indossò una maschera antigas per richiamare l'attenzione sul degrado ambientale della Valle del Sacco. C'era la diretta Rai.
Successe un putiferio. A Giulio Andreotti lo legava un'amicizia vera. Fa parte degli annali della storia di questa provincia la rievocazione del celebre Schiaffo di Anagni, messo in scena nel 1995 alle Terme di Pompeo. Misserville rappresentava le ragioni di Sciarra Colonna, Andreotti di Bonifacio VIII. La giuria era composta da storici, politici e scrittori. C'erano 15.000 persone, 10.000 delle quali fuori. E televisioni da tutto il mondo. Perfino dal Giappone. «Naturalmente vinse Andreotti», sintetizzò Misserville.

Con il sette volte presidente del consiglio Romano Misserville (che ha avuto tre zii sacerdoti) era amico di famiglia. Tra i due c'è stata una straordinaria corrispondenza epistolare. E ogni anno Misserville regalava ad Andreotti uno speciale uovo di Pasqua. Era amico anche del presidente della Repubblica Francesco Cossiga, al quale lo univa la passione per l'irriverenza e per la capacità di andare controcorrente.
Diceva Misserville di Cossiga: «Era un gigante. È stato il primo presidente della Repubblica italiana a rendere omaggio ai martiri delle Foibe: basterebbe questo». Grande rapporto personale pure con Silvio Berlusconi, del quale notò: «Un genio, prima della comunicazione e poi delle occasioni politiche». Romano Misserville è stato anche sindaco di Filettino (dal 1985 al 1990) e consigliere comunale di Anagni per ventiquattro anni. Nato a Roma, ha vissuto a Ceccano. Ma la politica è stata soltanto una parte della sua vita. Avvocato penalista dal 1959 e cassazionista dal 1978, Misserville rispose così alla domanda sul perché di quella scelta professionale: «Ho sempre pensato che l'avvocato debba essere un tecnico, scrupoloso. Soprattutto il penalista, che deve aiutare persone proiettate in un mondo che non conoscono ad uscire dalla foresta del processo. Per questo è fondamentale la conoscenza delle regole e delle nozioni giuridiche. E poi non bisogna mai essere coinvolti: la freddezza è l'arma in più».

Gli chiedemmo: ricorda il primo processo? Dichiarò: «Certo, alla Pretura di Ceccano: difendevo un contadino accusato di aver rubato delle prugne. Naturalmente fu assolto». Celebri le sue arringhe.
Andava avanti per ore, non si stancava, anzi aumentava il ritmo. Sempre. Non ha semplicemente fatto il mestiere di avvocato. Era un avvocato. Stimato e temuto. Nella sua villa di Ceccano c'è un dipinto che ritrae Cicerone mentre incalza Catilina. Lui raccontò: «Io mi sono sentito sempre un po' Cicerone e un po' Catilina». Un vero principe del foro. A proposito di Cicerone: Romano Misserville aveva studiato ad Arpino come convittore del Tulliano. Ha ricevuto il riconoscimento della Toga d'oro nel 2004. Poi c'è stato l'uomo, geloso della sua vita privata, innamorato della famiglia. Al suo fianco c'è sempre stata la signora Mariolina, la moglie: sessant'anni di matrimonio. Una presenza forte e discreta. Come forte e discreta è la presenza di Filippo, il figlio. Il più grande dolore della vita di Romano Misserville è stata la prematura morte della figlia Fiammetta, che lui adorava.

Persona di straordinaria cultura, Romano Misserville amava l'arte. L'abitazione di Ceccano è un vero museo, all'interno del quale troneggia il "Banchetto del ricco Epulone e del povero Lazzaro"di Leandro Bassano. E poi opere bellissime, libri antichi, sculture eccezionali. Ma anche una spettacolare vetrina con soldati di piombo e di argento che ritraggono perfino dei personaggi storici: Churchill, Stalin, Hitler, Mussolini. Era un collezionista raffinato e attentissimo. A dimostrazione di una statura culturale fuori dal comune. Quindi la passione per i cavalli. Negli ippodromi era di casa. Irresistibile l'attrazione per i purosangue. Amava la vita in tutte le sue sfumature, anchese spesso l'espressione delviso tradivauna vena di malinconia. Si definiva "volterriano", aggettivo che fa riferimento al filosofo francese Voltaire. Un termine che evidenzia caratteristiche quali l'ironia fredda e tagliente, un vivace spirito polemico, la spregiudicatezza dialettica, un amaro scetticismo. Romano Misserville era tutto questo e anche di più.

Con lui se ne va un pezzo di storia politica di questa provincia. Ma se ne va anche un modo di interpretare la vita per quella che è. Con le gioie e con i dolori, con le discese e con le risalite, con i successi e le sconfitte.
Con il coraggio di portare avanti le proprie idee. Sapendo che per questo si paga comunque e sempre un prezzo. I funerali di Romano Misserville saranno celebrati oggi alle ore 15 nella chiesa di San Nicola a Ceccano. Nella stessa chiesa sarà allestita la camera ardente, aperta dalle 9 alle 14.