Una spada di Damocle pende sulla data di rientro in presenza degli alunni delle scuole superiori della provincia di Frosinone, del Lazio e d'Italia. A tenere tutti col fiato sospeso è l'andamento dell'indice di contagio che sarà valutato oggi: se dovesse salire, le regioni in cui questo dovesse accadere passerebbero azona arancione o rossa e la didattica potrebbe solo essere a distanza. Il cambio dei criteri con i quali verrà deciso quali territori saranno gialli, arancioni e rossi rischia, infatti, di penalizzare anche il Lazio. Per la prima volta, da quando è stato introdotto il meccanismo che prevede restrizioni più severe a seconda della gravità della situazione sanitaria, con la previsione di tre fasce di rischio quali appunto gialla, arancione e rossa, il Lazio potrebbe diventare zona arancione. Oggi si conoscerà il "verdetto". In giornata arriveranno le elaborazioni dell'Istituto Superiore di Sanità, ma secondo gli ultimi dati è molto probabile che anche il Lazio non si risparmierà la zona arancione.
L'assessore alla sanità D'Amato nelle scorse aveva detto che «il valore Rt sale, ma rimane di poco sotto l'1.
Prevediamo un peggioramento della curva», quasi a voler preparare l'opinione pubblicaa unoscenarioda zonaarancione. Nonostante il numero elevato dicontagi, il Lazio nelle scorse settimane ha sempre evitato la zona arancione. Il cambio dei criteri, però, questa volta, potrebbe far cambiare le carte in tavola. Nel dettaglio, viene deciso che una regione con un Rt compreso tra 1 e 1,25 finisce in zona arancione, mentre nel caso dello scenario 3, ossia con un Rt compreso tra 1,25 e 1,50, scatta una zona rossa, ma solo nel caso in cui "nel territorio si manifesta un'incidenza dei contagi superiore a 50 casi ogni 100.000 abitanti". Per la scuola cosa cambia? Nel Lazio, tra giallo e arancione, muta poco o nulla. Una comunicazione del Ministero dell'Istruzione, infatti, a firma del capo dipartimento per il sistema educativo, Marco Bruschi, indirizzataagli ufficiscolastici regionali e ai presidi specifica che «dall'11 al 16 gennaio, le istituzioni scolastiche di secondo grado nelle regioni "gialle" e "arancioni" adottano forme flessibili nell'organizzazione dell'atti vità didattica garantendo almeno il 50% della popolazione studentesca in presenza", seguendo il piano della prefettura con gli orari scaglionati. A questo punto sarà la Regione a decidere cosa fare nell'esercizio della propria autonomia e competenza: in caso di zona arancione mantenere comunque efficace la disposizione di rientro al 50% oppure differire ulteriormente il ritorno in classe degli studenti delle superiori. In caso di zona rossa c'è la didattica a distanza, eccezion fatta per alcune attività legate ai laboratori. Il clima non è certo dei migliori nel mondo della scuola e la variabile del differimento sta iniziando a farsi largo nel dibattito politico e istituzionale. Di ora in ora cresce il fronte di coloro che auspicano un ulteriore rinvio.
Sul tavolo, secondo indiscrezioni, ci sono due date: il 18 e il 31 gennaio, con la seconda che si farebbe preferire. Vero è che se il Lazio dovesse prendere una decisione del genere, nell'una o nell'al tra ipotesi, si andrebbe, inevitabilmente a sconfessare la linea del Governo sulla scuola. Dopotutto il ministro Lucia Azzolina è stata categorica: «Se si hanno contagi altissimi posso anche capire che si chiude la scuola, ma allora si deve chiudere tutto il resto». Si creerebbe un caso politico. In ogni caso il mondo della scuola è molto scettico sulla riapertura. «Se,da un lato, i dati sulla diffusione del contagio sconsigliavano la ripresa delle lezioni in presenza anche nella scuola superiore, per la forte mobilità ad essa correlata, dall'altro lato è di tutta evidenza che Roma e il Lazio si presentano impreparati all'appuntamento e che tali condizioni rimarranno probabilmente tali dopo l'11 gennaio» hanno scritto i sindacati della scuola in una lettera aperta indirizzata ai Prefetti, al Direttore dell'Usr del Lazio e all'assessore regionale all'Istruzio ne. «La comunità scolastica nel suo complesso – si legge in un passaggio fondamentale della lettera – condivide l'opinione che la didattica digitale non possa sostituire quella in presenza, per l'evidente e incontestabile mancanza della componente relazionale, che è parte fondante e insostituibile del rapporto educativo e dei processi di apprendimento. Tuttavia, il diritto alla salute va tutelato nella massima misura possibile, tenendo anche conto delle fragilità familiari che possono essere coinvolte da una ripresa senza le necessarie condizioni di sicurezza.
Questa semplice verità non può essere sacrificata sull'altare di un obiettivo puramente propagandistico, come quello di riaprire al più presto le scuole, anche se in mancanza di adeguate condizioni di sicurezza». Non resta che aspettare oggi: il giorno del giudizio.