«Venticinque giorni con il Coronavirus. È una brutta bestia. Ma si può battere». Il dottor Ettore Urbano è direttore del Dipartimento Emergenza e Accettazione della Asl e responsabile del Pronto Soccorso dell'ospedale di Cassino. Da qualche giorno si è negativizzato. Spiega: «Dopo quaranta anni di professione, un'esperienza del genere ci voleva. Battute a parte, ho trascorso la malattia in sorveglianza domiciliare a casa. Quindi con sintomi gestibili. E di questo, essendo un credente, ringrazio Dio». Aggiunge: «Ho contratto il virus al lavoro, occupandomi dei pazienti al Pronto Soccorso. Ci sta. Per venticinque giorni mi sono sentito come un leone in gabbia per non aver potuto aiutare i colleghi in un momento di grande trasformazione della sanità provinciale. E con il "peso" di aver contagiato anche mia moglie. Per fortuna è andato tutto bene».
Che insegnamento ha tratto da questa esperienza? Spiega Ettore Urbano: «Intanto che il rischio zero non esiste. Ho adottato sempre le massime precauzioni. I sintomi? Inizialmente una grande spossatezza (non mi ha mai abbandonato per venticinque giorni) e mal di gola. Poi tosse secca e dolori muscolari. Non ho avuto altri sintomi tipo febbre alta o perdita del gusto o dell'olfatto. Ma questi altri sintomi li ho visti avendo contagiato mia moglie. Sono stato fortunato perché da medico ho potuto constatare ben altre conseguenze di una malattia subdola come questa. C'è però anche un aspetto psicologico che non va sottovalutato. Sapevo benissimo che il periodo decisivo è quello che va dall'ottavo al decimo giorno. È in quel periodo che possono verificarsi situazioni che aggravano il quadro clinico. Fino a rendere necessario il ricovero. In quei giorni diciamo che ho trattenuto il fiato. Assecondando il fisico con la testa. Anche per chi passa la malattia a casa è importante non provare neppure a forzare i tempi di recupero. Ho applicato i rimedi di mia nonna. In particolare le tre "L": lana, latte, letto».
Aggiunge Urbano: «Non nascondo di essere stato preoccupato. Diciamo la verità: stiamo affrontando un virus imprevedibile e pericolosissimo. Da medico ho vissuto mesi di straordinaria intensità e di grande sforzo. Sempre in prima linea: per chi fa la nostra professione un'esperienza del genere è sicuramente terribile, ma richiede anche uno sforzo importante sotto ogni punto di vista. Voglio ringraziare il radiologo, che al termine della Tac mi ha detto: "Ettore, hai i polmoni di un ventenne".
Racconto questo episodio perché lo stile di vita è importante». Chiediamo ad Urbano: quanto sarà importante la stagione vaccinale? Risponde: «Il vaccino rimetterà in corsa il mondo. Perché abbatterà la circolazione del virus. Lo consiglio a tutti. Ma c'è un'altra considerazione da fare: siamo di fronte ad una malattia nella quale l'infezione naturale non costituisce il massimo livello di immunizzazione. Non sappiamo quanto tempo durano gli anticorpi sviluppati per aver contratto il virus. E questa è un'anomalia. Farò il vaccino, anche se non in prima battuta avendo avuto il Covid da poco. La sanità provinciale sta dando una risposta eccezionale. L'assetto Covid dell'ospedale di Cassino ha avuto il merito di decongestionare il Fabrizio Spaziani di Frosinone. E Sora e Alatri si stanno occupando di tutta "l'altra sanità".
Non meno importante del Covid. Nei Pronto Soccorso dei presidi ospedalieri ciociari non c'è traccia di file delle ambulanze». E i provvedimenti presi per le festività natalizie? Nota Ettore Urbano: «Francamente li avrei preferiti più rigidi e maggiormente severi. Se non abbiamo capito che siamo in "guerra", allora lasciamo stare. Da tre mesi non vedo figli e nipoti. È chiaro che c'è una sofferenza enorme, ma dobbiamo valutare il rapporto tra costi e benefici. La pandemia passerà e allora recupereremo il tempo perduto. Ma adesso non possiamo vanificare tutto. Quando andrà meglio? Quando sarà stata vaccinata almeno la metà della popolazione. Ma per abbattere la circolazione del virus dobbiamo arrivare all'80%. Il piano della Asl è già pronto. Cosa penso dei negazionisti? Che rappresentano la negazione della razionalità. Vengano in ospedale a vedere la sofferenza e la morte. Vengano».