Non è stato facile per gli investigatori dell'Arma di Velletri e delle varie stazioni locali tra Artena e Lariano, riuscire a forare quella coltre di silenzio, di paura, di vera e propria omertà che garantiva l'impunità e il potere dei fratelli Bianchi e dei giovani che con loro gestivano lo spaccio di droga sui Castelli Romani, ma non solo, con metodi violenti e spietati. Picchiatori oltre che spacciatori.

Nessuno poteva sgarrare, nemmeno per un debito di 20 euro, per il cui ritardo nel saldo, non ha dovuto pagare solo il ragazzo debitore, picchiato a sangue durante una festa di paese, ma anche il padre che è stato prima colpito alle spalle, poi pestato mentre era a terra. Ed è da quell'episodio che nel 2019 sono partite le indagini. Certo, forse se qualcun altro avesse parlato, o lo avesse fatto prima, forse i fratelli Bianchi e gli altri quattro arrestati (in tutto gli indagati sono 10) sarebbero finiti in carcere prima. In molti pur di non denunciare Marco e Gabriele Bianchi oppure Andrea Cervoni, Omar Sahbani, Orlando Palone o Valentino Fabiani, anche di fronte alle trascrizioni delle loro telefonate per prendere appuntamento per l'acquisto di droghe, hanno affermato che si trattava di conversazioni legate al rapporto di amicizia con gli indagati.

Per il Gip, le numerose cessioni di droga documentate dagli investigatori, denotano «l'abitualità e la non occasionalità delle condotte» dei sei arrestati. Le figure preminenti erano, naturalmente, i Bianchi. Esemplificativo il fatto che a disporre il pestaggio del giovane debitore in ritardo, da cui è partita l'inchiesta, siano stati loro, e che ad eseguirlo materialmente siano stati Cervoni e Sahbani. Nessuno di questi quattro ha riportato, finora, condanne. Tutti incensurati, ma indagati per una serie di diversi reati. I due Bianchi anche per l'omicidio di Willy Monteiro Duarte di Paliano, ucciso a pugni e calci.

Non solo. Per il Gip, le «specifiche modalità e circostanze dei fatti, abituali e reiterati nel tempo, e per la loro gravità, si ritiene sussistente il concreto e attuale pericolo che gli indagati perseverino in altre azioni delittuose. I fatti contestati non appaiono occasionali, ma sono indicativi di una spiccata capacità delinquenziale e di una attività illecita posta in essere in modo sistematico nell'ambito dello spaccio di stupefacenti senza soluzione di continuità e denotano - anche - uno stretto collegamento con ambienti criminali di più alto livello».