L'Italia ha paura del virus, mentre si allarga la forbice tra ricchi e poveri. Ed è allarme redditi, soprattutto per i più giovani. Cresce il ricorso al risparmio. È la fotografia ai tempi del Covid scattata dal Censis nel consueto rapporto annuale.
Secondo l'analisi il 57,8% degli italiani è disposto a rinunciare alle libertà personali in nome della tutela della salute collettiva, lasciando al Governo le decisioni su quando e come uscire di casa, su cosa è autorizzato, sulle persone che si possono incontrare, sulle limitazioni della mobilità.
E ancora: il 77,1% degli italiani chiede pene severissime per chi non indossa le mascherine di protezione, non rispetta il distanziamento sociale o i divieti di assembramento; il 76,9% è fermamente convinto che chi ha sbagliato nell'emergenza, che siano politici, dirigenti della sanità o altri soggetti, deve pagare per gli errori, che hanno provocato la diffusione del contagio negli ospedali e nelle case di riposo per gli anziani; il 56,6% vuole addirittura il carcere per i contagiati che non rispettano rigorosamente le regole della quarantena e dell'isolamento, e così minacciano la salute degli altri; il 31,2% non vuole che vengano curati (o vuole che vengano curati solo dopo, in coda agli altri) coloro che, a causa dei loro comportamenti irresponsabili o irregolari, hanno provocato la propria malattia.
La crisi sanitaria ha portato con sè anche quella economica. «Per l'85,8% degli italiani - si legge nel report - la crisi sanitaria ha confermato che la vera divisione sociale esistente tra i lavoratori è quella tra chi ha la sicurezza del posto di lavoro e del reddito e chi no». E c'è preoccupazione per il futuro lavorativo: «Per il prossimo futuro vive con insicurezza il proprio posto di lavoro il 53,7% degli occupati nelle piccole imprese, contro un più contenuto 28,6% dei lavoratori presso le grandi aziende - si legge ancora nell'analisi - Valori elevati che indicano che lo tsunami occupazionale è davanti a noi, che la discesa agli inferi della disoccupazione non è un evento remoto, ma che allo stesso tempo riflettono i diversi gradi di sicurezza di redditi e lavoro».
Ma c'è chi sta ancora peggio: «L'universo degli scomparsi: dei lavoretti, del lavoro casuale, del lavoro in nero, un universo indefinito stimabile in circa 5 milioni che ruotavano intorno ai servizi e che hanno finito per inabissarsi senza rumore. E poi ci sono i vulnerati inattesi: gli imprenditori dei settori schiantati, come i commercianti, gli artigiani, i professionisti rimasti senza incassi e fatturati. Si tratta del magmatico mondo del lavoro autonomo, nel quale solo il 23% ha continuato a percepire gli stessi redditi familiari di prima del Covid-19».
Il Censis dipinge «una società sfibrata dallo spettro del declassamento sociale, in cui il 50,3% dei giovani vive in una condizione socio-economica peggiore di quella vissuta dai genitori alla loro età. Per 40 lavoratori autonomi su 100, i figli sono passati in una classe occupazionale inferiore, dentro i ranghi degli operai e del terziario non qualificato». Per parare i rischi dell'incertezza, chi ha i soldi e può, non li spende: «Rispetto al dicembre 2019, nel giugno 2020 la liquidità (monete, biglietti e depositi a vista) nel portafoglio finanziario degli italiani ha registrato un incremento di 41,6 miliardi di euro (+3,9% in termini reali). Non era mai successo che nei primi 6 mesi dell'anno il cash parcheggiato nei conti correnti raggiungesse queste proporzioni: nella prima metà del 2019 l'incremento fu di 18,1 miliardi di euro e nel 2016, l'anno in cui si raggiunse il picco più alto, si fermò a 25 miliardi »
E allora il 66% si prepara «a una nuova emergenza sanitaria adottando comportamenti di cautela come mettere i soldi da parte ed evitare di contrarre debiti: una strategia difensiva adottata largamente».