La nuova battaglia giudiziaria è iniziata. Davanti alla Corte d'assise d'appello di Roma, presidente Calabria, relatore De Cataldo, ha preso il via il processo d'appello per l'assassinio del ventenne di Tecchiena Emanuele Morganti. In primo grado la Corte d'assise di Frosinone ha inflitto sedici anni a Mario Castagnacci, Paolo Palmisani e Michel Fortuna, quindi ha assolto Franco Castagnacci. E contro tali decisioni si è appellata la procura che ha contestato l'omicidio volontario. Le condanne, invece, sono state inflitte per omicidio preterintenzionale. Motivo per il quale anche le difese hanno appellato la decisione di primo grado, ritenendola troppo severa.

Ieri, il procuratore generale Claudio Mattioli ha introdotto il caso e avanzato le proprie richieste, finalizzate, in particolar modo, alla rivisitazione della posizione di Franco Castagnacci. Parzialmente accolte, in tal senso, le istanze di risentire sei testimoni del primo processo. Saranno risentiti, comunque, 4 su 6. I difensori di Fortuna hanno chiesto di risentire una ragazza, nonché l'esame congiunto dei consulenti tecnici delle parti che, pertanto, andranno ascoltati dalla Corte in contraddittorio. Rigettata, invece, l'istanza difensiva di una nuova perizia medico-legale. L'udienza è stata allora aggiornata al 27 novembre per l'assunzione delle testimonianze e la valutazione dei consulenti tecnici.

Quindi dal 7 dicembre dovrebbe iniziare la discussione con le richieste del procuratore generale. Gli imputati sono assistiti dagli avvocati Christian Alviani, Angelo Bucci, Massimiliano Carbone, Tony Ceccarelli, Marilena Colagiacomo e Bruno Gosuè Naso. La famiglia Morganti, invece, si è costituita parte civile attraverso l'avvocato Enrico Pavia. Il processo cercherà di far luce su alcuni punti rimasti non chiariti, a cominciare dall'assenza di un movente per la brutale aggressione subita da Emanule fuori dal Miro music club. Molto dipenderà pure dalla valutazione giuridica del fatto che darà la giuria, considerato che la procura di Frosinone aveva insistito per l'omicidio volontario arrivando a chiedere pene che andavano da 24, 26 e 28 anni fino all'ergastolo.