Quella coltellata mortale sferrata al suo giovane fidanzato Felice Lisi vale sedici anni di carcere. La decisione è definitiva. L'ha decretato il collegio della prima sezione della Corte di cassazione dichiarando inammissibile il ricorso presentato dalla difesa di Pamela Celani, 29 anni, originaria di Alatri.

Per lei, dunque, è confermata la sentenza emessa dalla Corte d'appello che aveva confermato a sua volta quella inflitta alla donna in primo grado: sedici anni di reclusione, appunto, di cui tre anni e cinque mesi già trascorsi in regime di custodia cautelare. È l'ultimo atto del processo per il "delitto del lago", l'omicidio avvenuto il 31 maggio del 2017 in via Guardaluna, vicino al lago di Collemezzo, tra Ceprano e Arce, dove i due fidanzati si erano trasferiti in un'abitazione di proprietà della famiglia Lisi di Cassino.

Pamela Celani è stata processata con il rito abbreviato. In primo grado a Frosinone e in secondo grado davanti alla Corte d'assise di Roma la giovane è stata condannata a 16 anni. I giudici di secondo grado avevano confermato pure la provvisionale di 525.000 euro in favore dei familiari di Felice, i genitori (150.000euro a ciascuno) e i tre fratelli (75.000 euro per uno), costituiti come parte civile attraverso l'avvocato Claudio Persichino.

Confermata in via definitiva, dunque, anche la provvisionale. L'omicidio del ventiquattrenne scosse tutta Ceprano e le comunità di origine dei due giovani.
All'inizio la donna negò di aver ucciso il suo ragazzo, ma i sospetti si concentrarono ugualmente su di lei.
Solo dopo tre drammatici interrogatori Pamela Celani confessò. Secondo quanto ricostruito dalla procura di Frosinone sulla base degli elementi investigativi forniti dai carabinieri del Reparto investigazioni scientifiche, la donna sferrò la coltellata mortale contro Felice al culmine di una lite.

Il processo d'appello, come già avvenuto davanti al gup di Frosinone, si è giocato sulla capacità di intendere e volere della Celani. Tanto che in Corte d'assise d'appello è stato sentito lo psichiatra Stefano Ferracuti che ha effettuato la perizia disposta dal tribunale di Frosinone. In base alla perizia, l'imputata è stata ritenuta capace di intendere e di volere al momento del fatto. La difesa, rappresentata dall'avvocato Alessio Angelini, con il supporto della criminologa Roberta Bruzzone, aveva evidenziato come la lunga tossico dipendenza, anche da psicofarmaci, avesse contribuito ad alimentare il deficit neurologico con disturbo della personalità borderline. Peraltro, più volte i genitori di Felice avevano chiesto l'intervento delle autorità temendo per l'incolumità fisica del figlio. Ora, con l'inammissibilità del ricorso, la vicenda giudiziaria si chiude.