Il tribunale di Roma, sezione lavoro, con ordinanza, ha condannato la società che gestiva i servizi del Recup (Acapo ex Capodarco) alla reintegra di un lavoratore e questo rischia di far saltare la procedura di licenziamento collettivo. I lavoratori coinvolti sono un centinaio, molti sono ciociari.

Il lavoratore, rappresentato dall'avvocato Roberta Antonelli, impiegato nella sede di Frosinone, impugna il licenziamento da parte di Acapo del settembre 2019.
Tutto nasce a giugno quando Acapo avvia la procedura di licenziamento collettivo a seguito della perdita dell'appalto per il call center Recup della Regione Lazio. Il lavoratore contesta l'incompletezza dei dati forniti sui «motivi che hanno determinato la situazione di eccedenza, sia al numero, alla collocazione aziendale e al profilo professionale del personale abitualmente impiegato».

Contesta la mancata «applicazione dei criteri di comparazione e di scelta dei lavoratori licenziandi».
L'azienda, dal canto suo, riferisce di «esuberi strutturali» evidenziando che l'appalto del Recup era «la più importante commessa» per fatturato e personale. Il giudice rileva che «non emerge dalle generiche e contraddittorie affermazioni di parte resistente l'ambito aziendale al quale la medesima abbia inteso riferire le proprie esigenze di riduzione del personale (come altresì evidenzia parte ricorrente), sicché risulta violato l'obbligo di specifica indicazione delle oggettive esigenze aziendali».

Inoltre l'azienda ha confrontato la posizione del lavoratore solo con riferimento alle mansioni di ordinaria manutenzione e non anche a quelle di accoglienza della sede di Frosinone, poi soppressa. Sebbene dice l'ordinanza le mansioni di addetto all'accoglienza fossero presenti in altre commesse ancora in atto.
Da qui la condanna della cooperativa alla reintegra del lavoratore ed a pagargli l'indennità risarcitoria di 1.726 euro per dodici mensilità e alle spese processuali