Riceve un sollecito di pagamento da una società di recupero crediti. Paga, trovando una transazione, ma alla fine si ritrova in bolletta le stesse cifre già saldate in virtù dell'accordo. Amara sorpresa per un professionista frusinate finito nel tritacarne della burocrazia e, nella migliore delle ipotesi, a causa di un difetto di comunicazione tra società elettrica creditrice e società da questa incaricata del recupero crediti.

L'uomo, stanco dei continui solleciti, dà all'avvocato Salvatore Delle Femine di seguire la pratica e definire la posizione debitoria, per poco più di mille euro, con la società elettrica. Sfruttando le possibilità del saldo e stralcio, il legale chiude il debito con la società di riscossione crediti al 50%. Il frusinate così paga circa 400 euro, credendo di aver risolto per una buona volta tutti i suoi problemi, ma si sbaglia.

La società elettrica, che vantava il credito, a settembre reclama i pagamenti e minaccia il distacco della fornitura. A nulla, finora, sono valse le rimostranze del cittadino, nonostante questi abbia dimostrato alla compagnia elettrica di aver ottemperato, chiudendo la partita con la società di riscossione. In pratica si trova nelle condizione che il creditore originario, pur avendo ceduto il credito a una terza società, la quale lo ha regolarmente incassato continua a reclamare i pagamenti. A fronte del pagamento avvenuto, delle due l'una o la società di riscossione non ha agito per conto della compagnia elettrica o la prima non ha provveduto, a sua volta, a riversare quanto incassato.

Stando così le cose, il professionista, stanco dei numerosi solleciti per chiudere la pratica, si appresta a presentare una querela. Nel frattempo ha inviato una diffida minacciando di rivolgersi alla procura per appropriazione indebita e truffa. Nel frattempo ha segnalato il comportamento a suo dire illegittimo all'Arera, l'autorità dell'energia elettrica.