"Nonno o zio" così, secondo gli investigatori, veniva chiamato Andrea Kercanaj, il quarantaduenne di origine albanese arrestato all'alba di lunedì dagli agenti della squadra mobile di Frosinone insieme ad altre nove persone (nove in carcere, una ai domiciliari). Tutte accusate di associazione per delinquere finalizzate al traffico di sostanze stupefacenti e corruzione. Altre sei persone sono indagate. Kercanaj, ritenuto al vertice dell'organizzazione, ieri è stato interrogato, per rogatoria, nel carcere di Frosinone. L'uomo, difeso dagli avvocati Riccardo Masecchia e Alessandro De Federicis, ha risposto a tutte le domande, negando le accuse sugli ultimi fatti contestati.

L'albanese, sostenendo di essere già stato arrestato e condannato per il reato associativo per l'associazione in via Bellini, per il quale sta ancora scontando la pena, di essere estraneo alle nuove attività. Il quarantaduenne ha sostenuto di non aver contatto con i componenti del gruppo raggiunto, come lui, lunedì mattina dalle misure cautelari; alcuni li conosceva perché abitavano nella stessa zona, ma non aveva più contatto con loro da un paio di anni, da quando era stato arrestato e tradotto in carcere per un anno e mezzo e poi sottoposto ai domiciliari ad Avezzano e poi a Pofi. E sui fatti di corruzione che hanno coinvolto un agente della polizia penitenziaria arrestato ad agosto del 2017, sostiene di non sapere nulla.

L'operazione
Lunedì mattina la squadra mobile ha dato esecuzione a un'ordinanza di applicazione di misure cautelari, emessa dal tribunale di Roma, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia nei confronti di 10 persone. Smantellata la piazza dello spaccio in via Bellini. Spaccio che, secondo le accuse, avveniva non solo su Frosinone e paesi limitrofi ma anche sul litorale laziale ad Ardea, dove risiedono due degli arrestati.
Circa 150/160 dosi al giorno per un guadagno che andava dalle 4 alle 6 mila euro al giorno. Un traffico continuo che permetteva di vendere dosi a bassissimo prezzo, anche a 20 euro. Prezzo che era addirittura scritto sulle pareti del palazzo di via Bellini. E di fronte un altro palazzo utilizzato come magazzino così se la polizia sequestrava la droga in uno stabile questo subito veniva rifornito dall'altro di fronte.