Delitti nel carcere di Frosinone, entra nel vivo il processo. Ieri, davanti alla Corte d'assise di Frosinone, presieduta dal giudice Francesco Mancini, è ripreso il processo a Daniele Cestra, 42 anni, di Sabaudia, dopo i rinvii della scorsa primavera a causa del Covid. Cestra è imputato degli omicidi di Pietro Paolo Bassi, avvenuto il 15 giugno 2015 nella casa circondariale di Frosinone, e di Giuseppe Mari di Sgurgola, nell'agosto del 2016, sempre in via Cerreto. Le indagini, condotte dal pubblico ministero Vittorio Misiti, che ieri ha rappresentato la pubblica accusa in aula, si sono concentrate su Cestra, nel frattempo trasferito nel carcere di Terni.
Nell'udienza di ieri la Corte ha sciolto la riserva ammettendo la partecipazione del ministero della Giustizia come responsabile civile. L'avvocatura dello Stato, infatti, ne aveva chiesto l'estromissione dalla causa. La difesa di Cestra, rappresentata dagli avvocati Angelo Palmieri e Sinuhe Luccone, ha avanzato alla Corte due richieste: un'ispezione all'interno della casa circondariale per verificare lo stato dei luoghi e un esperimento giudiziale in modo da simulare l'evento e sciogliere ogni dubbio circa la possibilità che l'evento possa esser riconducibile alla mano di un uomo e, in questo caso, come sostiene l'accusa a quella dell'imputato.
Sulle istanze, il presidente della Corte si è riservato all'esito di quanto emergerà dall'istruttoria. Istruttoria che si aprirà a novembre con l'escussione dei primi cinque testi del pubblico ministero. Secondo il calendario stabilito in aula le prime tre udienze saranno tutte dedicate ai testimoni dell'accusa. Infine, Cestra regolarmente presente in aula, con riferimento alla possibilità, per le norme anti-Covid, di assistere all'udienza in videoconferenza, ha manifestato l'intenzione di essere comunque presente a Frosinone.
In aula anche una delle parti offese, costituitasi parte civile attraverso l'avvocato Rolando Iorio. Le indagini a carico di Cestra sono iniziate dal secondo delitto.
Inizialmente il decesso del compagno di cella era stato archiviato come suicidio, ma qualcosa non quadrava per cui sono state richieste indagini più approfondite. Il pm Misiti aveva disposto la riesumazione della prima salma. In quel periodo l'imputato era ristretto nel capoluogo ciociaro per espiare la condanna definitiva a 18 anni per l'omicidio di Anna Vastola, l'ottantunenne uccisa, il 9 dicembre del 2013, con un colpo alla testa durante una rapina nella sua abitazione a Borgo Montenero, a San Felice Circeo. La procura aveva disposto una consulenza medico-legale.
Successivamente era stata disposta un'integrazione delle operazioni peritali per valutare se vi sia stata l'asfissia meccanica ipotizzata dallaprocura osesisia trattatodi un suicidio. Per l'accusa per il delitto di Mari sarebbero stati utilizzati dei "mezzi soffici" per ostruire le vie respiratorie della vittima. Oltre a ciò, si ipotizza l'utilizzo di corpi contundenti. Il medico legale ha riscontrato la frattura dell'osso ioide e la rottura del timpano. Bassi, invece, sarebbe stato immobilizzato (riscontrata la sub-lussazione di due vertebre) e successivamente impiccato. Durante la fase dell'udienza preliminare la difesa aveva chiesto il rito abbreviato condizionato a una perizia psichiatrica e a una medico legale sulle vittime. Richiesta, alla quale si era opposto il pubblico ministero, che il gup aveva respinto. A quel punto si è arrivati al rinvio a giudizio di Cestra e all'apertura del processo davanti alla Corte d'assise.