Il convento di San Francesco a Vicalvi è tornato alla Provincia romana dei Frati Minori Conventuali. Così ha deciso il giudice del Tribunale di Cassino dopo che il Consiglio di Stato, sentenziando su un preciso ricorso del Comune, si era espresso con il seguente verdetto: «La controversia a suo tempo proposta dalla Provincia Romana dei Frati Minori Conventuali appartiene alla giurisdizione ordinaria e non a quella amministrativa».

Come è noto, il contenzioso vedeva opposto il Comune di Vicalvi all'ente ecclesiastico sulla natura demaniale dell'immobile, ovvero il convento. Per il cui sgombero si sono sfidati la Provincia Romana dei Frati Minori Conventuali e l'Amministrazione civica, pretendendo di esserne esclusivi proprietari, sia pur per ragioni evidentemente diverse. Finisce così il lungo braccio di ferro che per tre anni ha visti, uno contro l'altro, combattersi a suon di carte bollate il Comune e l'ente ecclesiastico.

«Il giudice ha riconosciuto che negli anni passati il Comune di Vicalvi non aveva fatto valere alcune clausole a suo favore, nonostante nel tempo avvenissero passaggi testamentari e donazioni chiarisce il sindaco Gabriele Ricciardi Succedeva che l'Amministrazione comunale non veniva chiamata in causa e neppure cercava di controllare se le clausole a suo favore venissero rispettate nei vari atti».

Ma, nei decenni passati, gli amministratori di Vicalvi non hanno esercitato le prerogative comunali che, se continuate nel tempo, avrebbero consolidato le disposizioni contenute in un documento del 1890. In tale atto, infatti, era inserita una clausola che prevedeva il rientro del bene immobile nella proprietà e nel possesso del Comune, qualora nella chiesa annessa al convento e nelle sue pertinenze non fosse stato esercitato il culto a favore della popolazione locale.

L'ultimo sacerdote a celebrare messa fu padre Alberto, morto nel 2017 a 95 anni, e da allora nessuno più ha esercitato il culto nella chiesa. In seguito, però, la struttura del convento fu utilizzata per ospitare alcuni richiedenti asilo. Un nobile intento, non c'è che dire, ma che esulava dalla funzione primaria dell'edificio, quello di celebrare messe. Dunque, la lunga "querelle" è terminata, con il Comune condannato a pagare le spese: precisamente 8.402,49 euro.