Non ha voluto parlare. Si è seduta al banco dei  testimoni e ha scelto di non parlare. Un suo pieno diritto, visto che i familiari dell'imputato non sono obbligati ad assumere l'ufficio di testimone. La legge, infatti, ammette questa eccezione in virtù del fatto che il teste potrebbe trovarsi a un bivio troppo difficile da scegliere: parlare e dire tutta la verità anche laddove potrebbe nuocere all'imputato. Oppure asternersi.
E Anna Vacca, la compagna di Nicola, ha preferito -questa volta - il silenzio. Come poi ha fatto il figlio.

Un silenzio pesante, reso insopportabile dalla consapevolezza di essere stata chiamata in aula, per la prima volta nella sua vita, per parlare dell'omicidio di un bambino di poco più di due anni nato dalla relazione tra il suo ex convivente (oggi imputato) e Donatella Di Bona, in carcere con la stessa terribile accusa di Nicola.
Al quale proprio lei aveva spesso mandato latte, biscotti e merendine.

Le testimonianze rese nell'immediatezza, quelle intercettazioni ambientali all'interno della Caserma di Cassino che avrebbero "inchiodato" per l'accusa Nicola al falso alibi, hanno tracciato la rotta di un'inchiesta difficile. Poi ci sono anche le interviste rese ai media nazionali. E la conferma o la smentita di quelle accuse, di quegli elementi cruciali, avrebbero permesso ai giudici di capire fino in fondo. Invece Anna non ce l'ha fatta. Alle richieste della Corte di ponderare bene una scelta tanto importante, è riuscita solo a ribadire: «Abbiamo trascorso tanti anni insieme, poi è arrivata lei e ha distrutto tutto» lasciando intendere che prima dell'arrivo di Donatella nella loro famiglia non vi fossero discussioni.

I pm Bulgarini e Maisto tirano fuori alcune intercettazioni successive alla morte di Gabriel in cui Anna appare invece preoccupata. Non solo. Chiedono che vengano sollevate eccezioni sulla necessità che la ex compagna di Nicola testimoni in aula, così come fanno le difese di nonna Rocca e Luciano, rappresentati dagli avvocati Alberto Scerbo e Giancarlo Corsetti.
Stessa posizione per l'avvocato Montanelli. Ma l'avvocato Luigi D'Anna, difensore di Nicola, si oppone.
La Corte si è riservata anche sulla possibilità di acquisire gli atti già in possesso degli inquirenti. E nella prossima udienza, in cui verrà chiamata a testimoniare proprio Donatella, chiarirà la sua posizione.

Nonna Rocca in aula
Lunga e complessa la testimonianza di nonna Rocca, che ha ricostruito i rapporti tra Donatella e Nicola e ogni momento di quel 17 aprile in cui Gabriel è stato ucciso.
In aula anche lo zio di Gabriel,una vicina di casa e la nonna di Donatella. «Si sono conosciuti a una festa alla Volla, a settembre. Circa quattro anni di relazione. Quando lei rimase incinta non voleva farmi sapere della gravidanza e si trasferisce a San Donato, da mia sorella» spiega nonna Rocca, che non guarda quasi mai Nicola. Anzi, tiene una mano davanti al volto per non vederlo. «Non avevo piacere che frequentasse Nicola, aveva un'altra famiglia. Lui voleva farla abortire ma lei no, era innamorata. Non li ho mai visti litigare, però lui sgridava il bambino per questioni di educazione». Poi incalzata dalle domande aggiunge: «Donatella aveva paura di Nicola. "Vi dovete stare zitti altrimenti do fuoco a tutti quanti!" diceva».

Quella mattina escono insieme alle 7, con Luciano e il bambino. Tornano alle 13 circa, poi lei riesce nuovamente con Nicola, da sola. Quindi, racconta ancora, rientra alle 14 per pranzo. E riesce.
Quando torna a casa «aveva il bambino tra le braccia, bocca aperta e occhi chiusi. Entrata nell'abitazione, lo poggia sul letto matrimoniale. Poi lo porta fuori e mi dice "Siamo stati investiti". Ma io non ci ho creduto, il bambino non presentava segni. Poi aggiunge: "Abbiamo fatto un guaio, abbiamo ammazzato il bambino io e Nicola. Ma non dirlo a nessuno. Non dire che lo ha fatto pure lui, altrimenti è capace di tutto».