Un boom del lavoro nero e dell'abusivismo provocato dalla crisi economica, conseguenza dall'emergenza sanitaria. Secondo le previsioni dell'Istat, entro la fine del 2020 circa 3,6 milioni di lavoratori rischiano di perdere il posto. Nella speranza che questa cifra sia inferiore, l'Ufficio studi della Cgia di Mestre rileva che una parte degli esuberi verrà sicuramente assorbita dall'economia sommersa. Infatti saranno molte le persone che, dopo avere perso il posto in fabbrica o in ufficio, ricorreranno al lavoro nero.
Si tratta di coloro che, non riuscendo a trovare un nuovo impiego, accetteranno un'occupazione irregolare o si improvviseranno abusivi. In questo modo verranno pagati poco, senza alcun versamento di imposte, contributi previdenziali e assicurativi, provocando voragini nelle casse dell'erario e dell'Inps.
Gli effetti della crisi
Oltre all'espansione del lavoro nero, la fase recessiva in cui versa il nostro Paese non sembra avvertita dalle forze politiche e ingenerale dall'opinione pubblica. E le previsioni, purtroppo, non lasciano sperare nulla di buono. Come afferma il coordinatore dell'Ufficio studi della Cgia, Paolo Zabeo, «nel 2009, l'annus horribilis dell'economia italiana dal dopoguerra, il Pil scese del 5,5% e la disoccupazione in due anni raddoppiò dal 6 al 12%. Nel 2020, la contrazione del Pil sarà del 10%: quasi il doppio rispetto a 11 anni fa. Alla luce di tutto ciò è molto probabile che, quando cesseranno la Cig introdotta nel periodo Covid e il blocco dei licenziamenti, che il tasso di disoccupazione assumerà dimensioni preoccupanti».
In compenso, però, farà da "ammortizzatore" alla perdita dei posti di lavoro il cosiddetto sommerso.
Gli ultimi dati Istat rilevano in Italia oltre 3,3 milioni di occupati in nero, il 38% dei quali si trova al Sud.
Un esercito di "invisibili" che lavora nei campi, nei cantieri, nelle fabbriche. E neppure vanno sottovalutate le condizioni a cui sono sottoposti gli irregolari.
Troppo spesso, vengono negate loro le più elementari norme di sicurezza nei luoghi in cui operano. Pertanto, incidenti o malattie professionali possono diventare molto più frequenti. Quindi, una situazione dagli effetti economico-sociali devastanti. Anche perchè i lavoratori in nero producono 78,7 miliardi di valore aggiunto sommerso.
Le cause del fenomeno
Ma che cosa determina questo fenomeno? Come spiega il segretario della Cgia, Renato Mason, «con troppe tasse, un sistema burocratico e normativo opprimente e tanta disoccupazione l'economia irregolare trova un habitat ideale per diffondersi, soprattutto in alcune aree del Paese. Inoltre, chi opera in nero fa concorrenza sleale a chi lavora alla luce del sole ed è costretto a pagare imposte e contributi fino all'ultimo centesimo». In proposito, l'Ufficio studi della Cgia ha stimato una ripartizione regionale dei 78,7 miliardi annui di valore aggiunto prodotto dagli abusivi.
La situazione più critica si presenta nel Mezzogiorno.
Con poco più di 1.253.000 occupati irregolari (pari al 38% nazionale), nel Sud il valore aggiunto dell'economia sommersa è di 26,8 miliardi, il 34% del totale nazionale. La realtà meno toccata dal fenomeno è il Nordest, dove il valore aggiunto del sommerso è di 14,8 miliardi.
Campania, Calabria e Sicilia sono le regioni dove il lavoro nero è più diffuso; le oasi felici, invece, sono Val d'Aosta, Veneto e Bolzano. Secondo l'ultimo dato dell'Istat, riferito al 1 gennaio 2018, in Calabria il tasso di irregolarità è del 21,6% (136.400 irregolari); in Campania del 19,8% (370.900 lavoratori in nero); in Sicilia del 19,4% (296.300); in Puglia del 16,6% (229.200). Il Lazio occupa la quinta posizione di questa poco esaltante classifica, con il 15,9% del tasso di irregolarità e 428.200 occupati abusivi, quando la media nazionale è del 13,1%. In conclusione, gli effetti del Covid-19 sull'economia nazionale sono stati pesantissimi. Lo confermano i principali indicatori, preceduti dal segno meno, nei primi sei mesi di quest'anno: un potente moltiplicatore per il lavoro nero.