Il 23 luglio 2020 resterà una delle date storiche per l'abbazia di Casamari. Le campane hanno suonato a festa alle 11.50 per il nuovo abate, padre Loreto Maria Camilli, 55 anni. Il monaco tra e con la gente, successore di padre Eugenio Romagnuolo deceduto il 4 aprile scorso, vittima del Covid-19. Da sempre a Casamari, nell'ultimo periodo dom Loreto ha ricoperto il ruolo di priore a Casamari, oltre a quello di vice parroco e di parroco di Porrino e Reggimento (nel comune di Monte San Giovanni Campano). E proprio a Casamari all'età di 11 anni è entrato in seminario per poi diventare sacerdote negli anni '90. Ha insegnato anche teologia.
La sua elezione è stata accolta con grande gioia nel cuore, oltre che dai monaci, dalla madre Nicolina che vive a Porrino, dai suoi familiari, anche da tantissime persone che vedono in padre Loreto il monaco in mezzo al popolo, vicino alla gente, con la vicinanza e la tenerezza di un buon pastore. Un sacerdote dal sorriso accogliente, che arriva al cuore dei suoi parrocchiani, dispensa a tutti quella Parola di Dio, che lui stesso ha avuto la gioia di ricevere sin da bambino. La benedizione abbaziale di padre Loreto verrà conferita dall'abate generale dell'ordine cistercense, Mauro Giuseppe Lepori, durante la celebrazione eucaristica del prossimo 16 ottobre alle ore 17 presieduta dal vescovo della diocesi di Frosinone-Veroli-Ferentino, Ambrogio Spreafico.
Padre Loreto, con la sua gentilezza, la sua cordialità, che lo hanno sempre contraddistinto, ci ha accolto per parlare con lui dei primi due mesi dall'e l ezione ad abate della Congregazione cistercense di Casamari.
Eletto abate nel monastero in cui ha mosso i primi passi nella vita monastica.
Che emozione ha provato?
«Quando ero ancora giovane monaco l'abate del monastero di Casamari era Padre Nivardo Buttarazzi: era visto come un Padre sapiente che suscitava sicurezza e fiducia in noi giovani. Era una figura ieratica, ascetica, che incuteva una sacra venerazione, sempre attenta alla salute spirituale e materiale di ogni suo monaco. Essere stato eletto abate di Casamari, dopo aver ricevuto una formazione dall'abate Nivardo ripeto sempre riferimento sicuro per la mia formazione monastica non ha suscitato in me particolare emozione; mi ha fatto prendere coscienza di un'assunzione di responsabilità nella guida delle anime che il Signore, nella sua Misericordia, ha voluto mettere nelle mie mani: la Croce, che dopo l'accettazione dell'avvenuta elezione ad abate, mi è stata imposta sul petto, l'ho vissuta come segno della Croce che Cristo ha portato sulle spalle per tutti noi. La prima preghiera che ho elevato a Dio è stata questa: "Signore, se tu hai voluto così, sia fatta la tua volontà"».
Un'elezione avvenuta dopo la morte del suo predecessore padre Eugenio Romagnuolo. Che ricordo ha di lui?
«Il compianto, a me carissimo, Padre Eugenio aveva ancora un anno di mandato abbaziale davanti a sé; si stava già preparando a ritirarsi a Valvisciolo, anche perché, costituzionalmente, a 75 anni è fissato il termine di eleggibilità dei candidati. Quattro anni fa mi aveva scelto come priore dell'abbazia, suo più stretto collaboratore. Con lui ho condiviso gioie e preoccupazioni. È stato un Padre e una Guida che ascoltava i consigli, amava i monaci e cercava di valorizzare le doti e i carismi di ciascuno, con tutti usando pazienza e misericordia».
Qual è stato il primo pensiero quando ha realizzato che sarebbe stato lei il successore di Romagnuolo? «Quando uno viene eletto abate cambiano radicalmente le responsabilità e, quindi, le relazioni: si passa dall'essere figlio all'esser Padre. Succedendo a Padre Eugenio ho pensato: sarò mai in grado di esercitare la paternità e la guida dei monaci dell'abbazia di Casamari e degli altri monasteri della Congregazione a me affidati? È questa l'eredità lasciata dal per me sempre vivo abate Eugenio».
Durante le sue omelie arriva sempre dritto al cuore dei suoi parrocchiani. Quanto pensa sia importante il dialogo con i fedeli?
«L'ascolto dei fedeli, come l'ascolto dei monaci, è la condizione preliminare e necessaria per un dialogo costruttivo, alla luce della Parola di Dio, che deve essere incarnata nella nostra vita personale e comunitaria».
Cosa si sente di dire a tutte quelle famiglie che hanno perso un loro caro o stanno ancora facendo i conti con le difficoltà economiche post emergenza? «Essendo stato accanto al compianto Eugenio per tutto il decorso della sua malattia fino alla morte e avendo guidato la comunità come priore in quei giorni difficili e drammatici, non posso non condividere con tutte quelle famiglie che hanno perso un loro caro per il Covid-19, sentimenti di dolore e di solidarietà, soprattutto perché esse hanno sperimentato la solitudine della morte dei loro cari, senza neanche la possibilità di celebrarne le esequie. L'altro risvolto negativo del Covid-19 è legato alla forte crisi economica delle famiglie: come comunità monastica siamo impegnati, in collaborazione con gli altri organismi nazionali e diocesani, ad affrontare ed ad alleviare in modo concreto le difficoltà delle famiglie bisognose».
A fare i conti dell'emergenza anche il turismo religioso…
«In questo momento pensiamo ad altro, pur non sottovalutando il fatto che la mancanza del turismo religioso danneggia anche tutte le realtà che gravitano attorno ad esso: ristoranti, alberghi, negozi. Tutti ne risentono e manifestano timore e perplessità anche per il futuro, perché, credo, che questa pandemia ha cambiato e cambierà sempre più gli stili di vita anche per quanto riguarda il turismo religioso».
Un monito che vuole lanciare ai fedeli?
«Mi auguro che questo periodo di chiusura per pandemia ci abbia fatto riscoprire il valore della famiglia, l'importanza dell'altro, l'attenzione ai poveri e, come dice papa Francesco, "il tempo che verrà non potrà lasciarci ancora nell'i ndifferenza, nella divisione, nella dimenticanza": parole, queste ultime, che non dovrebbero trovar posto nel vocabolario quotidiano di ognuno di noi. L'invito è a fare tesoro, anche nelle difficoltà, degli insegnamenti che lasciano periodi emergenziali come l'attuale, perché è nella solidarietà e nei momenti di sofferenza che possiamo riscoprire il vero amore per gli altri nel nome di Cristo Risorto»