Randagi a ruota libera e canile da ultimare. Nel frattempo il Comune stipula una convenzione per arginare un fenomeno che preoccupa. Nei giorni scorsi la notizia di un'insegnante anagnina salvata dal suo cane che ha messo in fuga una torma di randagi che minacciavano di aggredirla, ha riproposto in maniera forte il problema che affligge da tempo il territorio.
Prima che prevalesse il senso civico, finalmente dominante salvo rare eccezioni, il problema dei randagi veniva risolto in maniera selvaggia.

Alcuni cacciatori si prendevano la briga di richiamare i poveri animali attirandoli in luogo isolato e trasformandoli in bersagli per le loro doppiette. Il piacere con cui venivano ospitati i circhi con esibizione di belve, poi, non riusciva a nascondere un aspetto tetro di quel tipo di spettacolo: la cronaca racconta che ogni volta che s'insediava un circo di quel tipo i randagi, e non solo questi, sparissero dalla circolazione, trasformati in cibo per leoni o tigri.

Con il risveglio delle coscienze e l'interruzione di usanze indegne di un paese civile, la città dei papi ha cominciato a fare i conti con il costo dell'ospitalità in canile. Conti in rosso, visti i debiti che si accumulano ormai da anni. Nel 2006, con un parziale finanziamento regionale, il Comune affidò a un'impresa locale la costruzione del canile in località Casermette; con spostamento in località Radicina dopo la protesta dei residenti. I lavori eseguiti riguardarono lo scheletro della struttura e la recinzione dell'area.

La giunta Bassetta, nel 2015, ottenne un ulteriore finanziamento (per metà a carico del Comune) per l'ultimazione dell'opera. Venne emanato il bando, svolta la gara con impegno ad accendere il mutuo e si arrivò all'assegnazione dei lavori. Assegnazione però non effettuata, con la ditta anagnina vincitrice della gara che aspetta ancora. La giunta Natalia, in attesa di decidere il da farsi, ha incaricato un'associazione di curare il problema dei cani randagi.