Abbonda la fede, come una messe prosperosa. Eppure la gramigna arriva puntuale. Non è seminata nel cuore di nessuno, piuttosto la proposta di Civitas Mariae ha risvegliato ciò che era latente, l'attaccamento a San Benedetto e a un "orgoglio" di appartenere a una terra santificata dalla sua presenza.

Al contempo, la Madonna dell'Assunta è l'emblema di Cassino, i fedeli hanno sempre rivolto a Lei il loro sguardo fiducioso e non si mai vista in città una manifestazione più popolosa rispetto a quelle dedicate alla Madre di Dio. In mezzo c'è l'amministrazione.
E pure una strana trasmigrazione dal piano spirituale a quello calcistico, a un certo punto nell'immaginario collettivo essendo serpeggiata l'idea di un derby tra Santo e Regina dei Santi.

Ruolo scomodo per il Palazzo di questi tempi.
Non soltanto perché il vangelo recita "a Cesare quel che è di Cesare, a Dio quel che è di Dio", ma anche per il rischio di dare una immagine di "parte" rispetto a ciò che è di Dio. E così pare che, dopo la delibera di giunta che ha concesso il placet alla città di Maria in realtà per i cassinati è già "regina" di questa terra si stia facendo più di qualche fatica anche solo a pensare di inserire il punto all'ordine del giorno del prossimo consiglio.

La domanda, rimarcata dallo storico Emilio Pistilli ieri sulle nostre colonne, è la seguente: «Per me il Comune non ha competenza a dichiarare la Civitas Mariae.
Magari il Comune può associarsi ma non è che deve deliberare per approvare». Ma è stato l'assessore Luigi Maccaro a invitare a non dividersi dal momento che si è creata «una frattura in città», per poi rimarcare la laicità dello Stato e delle sue istituzioni quale bene prezioso.
In sostanza, parla del ruolo del Comune.

E ieri ha esplicitato: «Da cattolico dico che l'unità dei cristiani è un bene supremo, da amministratore ritengo che la città ha bisogno di coesione sociale, non di sondaggi sulla Madonna e tifoserie contrapposte.
Una iniziativa del genere aveva bisogno di un altro percorso, più lungo magari ma più condiviso, frutto di una riflessione comune. La modalità che invece è stata scelta, la rapidità con la quale si è condotta l'operazione, non ha fatto altro che riaprire una ferita che nella città resta aperta, la perdita della diocesi di Montecassino. Ma soprattutto ritengo che l'amministrazione comunale debba essere coinvolta solo ed esclusivamente nella elezione del Patrono per via delle implicazioni civili che ciò comporta».

In buona sostanza vorrebbe vedere il Palazzo lontano da queste scelte che competono al vescovo della diocesi, il pastore di quelle anime che portano la Madonna dell'Assunta sempre nel loro cuore.

Altra cosa. Chi pensava che il motu proprio dell'ottobre del 2014 del Papa avesse avuto il suo tempo di assimilazione, forse, si è sbagliato. Il legame resta.
Magari meno esplicito ma basta "solleticarlo" per vederlo emergere. Ma i pareri possono variare col variare delle persone, al bando solo chi parla per parlare e per gettare scompiglio.

Sicuramente, come ha sottolineato anche la diocesi attraverso un articolo, il titolo alla Madonna non vuole essere per nulla divisivo. Eppure è plausibile che quella "ferita"non sia davvero rimarginata. Ecco perché nel palazzo si medita. Non per scortesia nei confronti della Madre celeste, piuttosto per non mettere becco nelle "cose di Dio", specie laddove non c'è neanche un percorso lineare e senza divisioni.

Ed è proprio ciò che sottolinea il sindaco Enzo Salera ieri pomeriggio: «Non immaginavano che si potessero creare due fazioni, una vicenda religiosa non può essere divisiva, noi pensavamo che unisse.
A questo punto stiamo facendo una riflessione.
Abbiamo valutato di avere prima un chiarimento con le istituzioni religiose, di parlarne con il vescovo e con l'abate sperando che tutto questo sia solo frutto una cattiva interpretazione. Il consiglio non era stato ancora programmato. E, siccome è stato richiesto da più parti della maggioranza di approfondire, esattamente questo faremo».