E' attesa fra un'oretta, forse poco più la decisione del giudice Di Croce per i cinque imputati per la morte di Serena Mollicone. I giornalisti sono tutti schierati e attendono che difensori e parti escano dall'aula dopo le repliche di pm e delle parti civili.

La tensione è alle stelle. Il primo a uscire dal tribunale è stato l'avvocato Sandro Salera, che insieme all'avvocato Vittorio Salera rappresenta la sorella di Serena, Consuelo.

È stato proprio lui a spiegare ora i tempi. Occorre però attendere che si concludano le controrepliche ancora in atto. Poi scatta il conto alla rovescia.

È appena terminata la prima delle discussioni in corso. A prendere la scena, per oltre due ore, uno degli avvocati di Quatrale, Francesco Candido, che ha riassunto in parte ciò che il suo assistito avrebbe voluto dire nelle dichiarazioni spontanee (richieste respinte dal giudice).

Ora sarà la volta dell'avvocato D'Arpino, sempre per Quatrale, poi inizierà la discussione dei Mottola. Ora parti e avvocati sono in pausa

di: Carmela Di Domenico

"Mi hanno tolto un braccio. Che altro dire. Spero solo che ci sia giustizia. Non tutte queste cose che andiamo cercando dopo vent'anni. Cosa vogliono? Vogliono anche l'altro braccio?" Parole durissime, piene di amarezza, quelle di Franco Tuzi, fratello di Santino, perno dell'intera inchiesta. Fu lui per primo nel 2008 a indicare la presenza di Serena in caserma. Per poi essere trovato senza vita nella sua auto. Suicida, si dirà: ma la sua famiglia non ci ha mai creduto. E ora la verità è sempre più vicina. Per la prima volta Franco Tuzi ha parlato, ha chiesto giustizia per suo fratello, dopo tutti questi lunghi anni.

di: Carmela Di Domenico

L'inizio del processo non sarà puntuale. Prima dell'udienza preliminare in cui si deciderà il rinvio a giudizio o il proscioglimento per i Mottola, Quatrale e Suprano per la morte di Serena Mollicone è stata fissata una convalida d'arresto. E prima delle 10 non avrà inizio. L'attesa sale. La prima ad arrivare è stata Maria Tuzi, visibilmente emozionata. Poi Carmine Belli, che chiede giustizia. Che chiede verità. Poi sono arrivati Quatrale e Suprano, insieme ai loro avvocati. Dei Mottola soltanto l'ex maresciallo con la difesa. Poi a varcare la porta del tribunale è stato Antonio Mollicone e il suo avvocato che ha detto:"Siamo pronti. Come prima, come sempre. E fiduciosi". Tribunale sempre blindato ai giornalisti.

di: Carmela Di Domenico

La morte di Serena Mollicone ha coinvolto molto più di un padre e una figlia, ognuno è stato protagonista e vittima di uno dei casi più efferati della cronaca nera del Paese. Serena è la vittima, è lei che un giorno come tanti in un'estate come tante è stata uccisa, le è stato portato via il futuro. La sua morte terribile, ha portato via con se tanto altro, tanti cuori si sono spezzati e da quel giorno per molti non è stata più la stessa vita. C'è un'altra ragazza in questa triste storia, quella ragazza è Maria, la figlia del brigadiere Santino Tuzi. Guglielmo ha perso una figlia, Maria ha perso un padre, entrambi si sono trovati, poi, a combattere la più dura delle battaglie, quella per la verità.

Come si sente a poche ore da questa importante decisione?
«Ci sono stati momenti difficili, alcune parole sono state dure da ascoltare e da mandare giù, altre sono state complicate da pronunciare. Ma siamo sempre andati avanti, perché per noi era più importante di tutto».
Crede che ci vorrà molto per il responso?
«Nella prima udienza post Covid il giudice ci disse che, a causa del blocco, aveva avuto tutto il tempo di studiare le carte. Credo che abbia un buon quadro, ovviamente è necessario ascoltare ancora le ultime posizioni. Ma ci siamo, un'ora in più non cambierà».
Le manca Guglielmo?
«Era la nostra forza, a volte avevo dei momenti bui, dei dubbi, delle paure e lui era lì per me, ci sono stata anche io quando lui ha avuto bisogno di me ma lui era fortissimo. Era il più ottimista. Era così come appariva, andava avanti davanti a tutto, lui semplice uomo, padre, che non si è fermato mai, fin dal primo momento».

Confida nella giustizia?
«Certamente. Non ho dubbi su questo. Altrimenti non saremmo arrivati al punto in cui siamo oggi. devo ringraziare sempre il lavoro svolto dai carabinieri, non deve essere stato facile condurre le indagini su colleghi, me ne rendo conto. Quando sono riuscita a parlare con il colonnello Imbratta l'ho ringraziato per tutto l'impegno, lui mi ha risposto che non si deve mai perdere di vista l'obiettivo. So che la giustizia farà il suo corso, proprio come deve essere».

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Perdere una persona amata è sempre un dolore profondo, quanto le manca suo padre?
«Non c'è giorno che non pensi a lui. Nessuno si abitua mai alla morte di un caro. Oggi sono madre ho tre figli e solo il primo ha conosciuto il nonno, ma era molto piccolo quando è morto. Eppure se ne ricorda, è molto simile a lui, ha gli stessi atteggiamenti e il suo modo di fare e gli somiglia molto. Per i più piccoli mi dispiace, loro non l'hanno conosciuto e spesso me ne chiedono. Durante i periodi delle feste sono tutti molto tristi perchè sentono un vuoto, un'assenza. È difficile per tutti».

C'è un ricordo di suo padre che serba nel cuore?
«Un portone, quello della nostra casa. Mio padre aveva un modo tutto suo di aprirlo e chiuderlo. Ogni volta che sentivo il portone aprirsi avevo la sensazione di veder arrivare mio padre a casa. Quel desiderio non si è mai spento. Anche se da qualche anno abbiamo cambiato il portone, a volte ho ancora la sensazione di veder rientrare a casa mio padre, magari per trascorrere un pomeriggio con i suoi nipotini».

di: Paola E. Polidoro

Oggi è il D-day per il caso di Serena Mollicone. I cinque imputati, l'ex maresciallo Franco Mottola, il figlio Marco e la moglie Annamaria insieme ai due ufficiali Vincenzo Quatrale e Francesco Suprano, rischiano il processo.
L'avrà immaginata tante volte con gli occhi della mente, i suoi occhi celesti, limpidi e diretti. Forse alla fine di un'altra estenuante battaglia, dell'ennesima trasmissione televisiva o intervista necessarie per far restare aperto il caso. Sarebbe stata una giornata calda, afosa e piena di tensione come quella che stiamo per vivere.

Oppure una giornata nuvolosa, carica di aspettative e turbamento. Anzi no. Forse il giorno in cui Serena avrebbe avuto giustizia sarebbe stato un giorno di pioggia. Sì, come quello in cui era venuta al mondo, in cui il maltempo per poco non gli impediva di portare in ospedale la moglie, che aveva già rotto le acque. Chissà quante volte avrà fantasticato su questi dettagli, perché il cuore della sua battaglia era intoccabile da ben 19 lunghissimi anni. Non sapremo mai come Guglielmo Mollicone avrà immaginato la giornata decisiva - da un punto di vista giudiziario - per la sua Serena. Ma sappiamo con quanta forza e quanta tenacia, con quale dolore tenuto a bada dalla sua perseveranza e dal suo senso della legalità, sia arrivato fino alla fine.

Fino a quel malore che lo ha costretto in un letto d'ospedale, fino al quel 31 maggio, quando il padre coraggio e maestro di vita è diventato - con la sua morte - il simbolo della ricerca della verità anche laddove la speranza sembra non bastare più. Ma non di una verità a ogni costo. Guglielmo prima, la sua famiglia ora, non chiedono che sia fatta una giustizia sommaria, per placare il dolore. Non un altro capro espiatorio come già avvenne per Carmine Belli, che ancora porta sulla pelle i segni della malagiustizia. Per Serena nessun compromesso, solo una verità inattaccabile. Una promessa che il maestro aveva fatto a sua figlia anche nella notte in cui le spoglie della ragazza partivano per il Labanof, per essere analizzate dalla professoressa Cattaneo e dal suo team come nessuno aveva fatto prima. E quella notte Guglielmo la trascorse fuori dal cancello del cimitero dove ora riposa. Perché aveva paura che l'ennesimo depistaggio potesse far crollare improvvisamente tutto.

Un mistero senza fine
La storia di Serena Mollicone e ora la forza di Guglielmo, che riesce a superare anche la morte, sono i pilastri di un mistero durato quasi vent'anni. Dentro c'è mezza Italia, diciannove di cambiamenti, la capacità di guardare oltre le apparenze, quella di isolare tracce prima neppure percepibili. La possibilità di mettere per la prima volta in discussione un'istituzione tanto amata e importante come l'Arma. C'è la storia di Belli arrestato ingiustamente, etichettato come il "mostro" e poi assolto in tutti i gradi di giudizio; quella di Santino Tuzi, il brigadiere trovato morto nella sua auto nel 2008: il primo che dopo otto lunghi anni indica Serena all'interno della caserma di Arce nel giorno della scomparsa. E poi si sucida per amore, si dirà: la famiglia non ci crede, la figlia Maria chiede sin da subito che sia fatta chiarezza.

Il caso, aperto come omicidio, derubricato come istigazione al suicidio, seppellito ancora come suicidio è stato poi unito al fascicolo di Serena. E anche nella scorsa udienza Maria, accanto al suo avvocato Elisa Castellucci, è tornata a lanciare un appello, convinta che a sapere non fosse suo padre.
Ma dentro c'è anche la grande capacità di uomini pieni di senso del dovere e di passione - come il colonnello Fabio Imbratta e il colonnello Fabio Cagnazzo accanto ai loro uomini e ai militari del Comando provinciale - che cercano di capire andando a guardare persino dentro alla loro dimensione. Per la prima volta. Guidati dal sostituto Beatrice Siravo e dal procuratore Luciano D'Emmanuele, che non perdono tempo.

La forza dei giusti
A superare il rischio dell'archiviazione è stata sempre la forza di Guglielmo e del suo avvocato storico, Dario De Santis, che nonostante le difficoltà, i tanti depistaggi - a partire dalla ben nota convocazione che impedì a Guglielmo di prendere parte ai funerali della figlia per mettere una firma in caserma - nonostante le due richieste di chiudere il caso e persino la sparizione (ancora inspiegabile) degli organi di Serena, in realtà è rimasto per tutti un sognatore coi piedi per terra. E con gli occhi fissi sulla verità. Ora il suo testimone è stato raccolto dalla figlia Consuelo, rappresentata dagli avvocati Sandro e Vittorio Salera, da Antonio - fratello di Guglielmo - e dalla sorella Armida (rappresentata dall'avvocato Elisabetta Nardoni) che sono pronti. Questa mattina, terza udienza dopo la morte di Guglielmo, avrà inizio la discussione della difesa di Vincenzo Quatrale, rappresentato dagli avvocati Francesco Candido e Paolo D'Arpino, e dei Mottola - padre, madre e figlio - assistiti dall'avvocato Francesco Germani. Mentre nella precedente a parlare erano stati i difensori di Francesco Suprano, l'altro militare (assistito dagli avvocati Cinzia Mancini ed Emiliano Germani) chiamato a rispondere di favoreggiamento. Al luogotenente Vincenzo Quatrale, è stato contestato anche di non «aver impedito - secondo gli inquirenti - la morte del collega Santino Tuzi».
Poi le repliche del pm e l'attesa decisione del gup Domenico Di Croce che anche fino a notte fonda dovrà pronunciarsi per un proscioglimento o un rinvio a giudizio degli imputati. L'attesa è senza respiro.

di: Carmela Di Domenico