Un confronto all'americana. Faccia faccia. Accusatore e accusato. Un modo senza veli di mettere a fuoco elementi affatto secondari, legati a un'inchiesta in cui tangenti e coop, gestione dei migranti e bandi su misura tratteggiano l'ossatura di un ponderoso castello accusatorio. Ma che ancora necessita di udienze lunghe e complesse per poter mettere insieme ogni dettaglio.

La richiesta di un confronto in aula tra Salvati e Rea è stata avanzata ieri mattina dalla difesa di quest'ultimo, rappresentato dall'avvocato Luciano Menga, che ha anche chiesto di ascoltare anche altri testimoni de relato tra cui anche funzionari della prefettura prima di passare all'esame dell'imputato, iniziato nella precedente udienza. Sotto la lente, sempre le presuntetangenti chieste secondo l'accusa da Antonio Salvati in qualità di presidente dell'Unione dei Comuni nel settore dell'accoglienza.

La difesa sferra l'attacco
Dalle qualifiche di Salvati nelle coop l'avvocato Menga ha prodotto un'articolata documentazione, contestando quanto riferito nell'udienza precedente ai bandi di gara, passando per i progetti legati all'accoglienza. Fino alle domande poste su quegli incontri concordati (secondo l'accu sa) per farsi consegnare il denaro: quei 250.000 euro dietro la minaccia di bloccare i pagamenti proprio a Rea, responsabile della cooperativa "Integra 2013" che avrebbero costituito il cuore dell'ipotesi di concussione continuata contestata a Salvati.

«Rea le contesta che la prima volta che le consegnò il denaro fu nell'auto. Poi nell'Unione dei Comuni» attacca Menga. «Falso!» ribatte Salvati. Che sui 250.000 euro in varie tranche, soldi "depositati" in base alla denuncia anche nel cestino del bagno dell'Unione, ribatte: «Sarebbero state per l'accusa circa 50 dazioni di denaro?! Persino all'interno del bagno, quando l'Unione era vuota? Circostanza falsa. Che senso avrebbe avuto, poi, farlo proprio lì, con la caserma a meno di 50 metri? Se fosse arrivato un carabiniere, uffici chiusi e denaro tra le mani: cosa avrei potuto dire?».

Menga ha quindi scandagliato la vita privata: conti, viaggi e mutui. Tutto passato al luminol. Anche quell'inimicizia con Fallone nata dice Salvati a fine udienza per situazioni politiche, da una questione legata ai comizi. Poi lo "strappo elettorale" fino a confluire in questioni private. «Per quattro anni e dieci mesi siamo stati in totale accordo. Poi, due mesi e cinque giorni dopo, tutto cambia» ricorda Salvati, incalzato dalle domande dei suoi avvocati, De Santis e Santopietro. Quelle riassunzioni di personale per poche prestazioni tra una coop e un'altra vengono passate al setaccio. Per l'imputato sarebbe invece il suo principale accusatore a farle diventare delle "costrizioni". L'esame è ancora una volta senza fine.

Tre domande per il pm
Il pm Mattei è conciso. Tre domande secche. Per mettere a fuoco date di progetti e di fatti contestati.
Ma soprattutto per contestualizzare. «Lei parla di vendetta, di ritorsione da parte di Rea. Allora perché non lo denuncia per calunnia? Perché, in questa vicenda, Rea avrebbe addirittura coinvolto la moglie, la madree due esponenti della Guardia di Finanza? Un uomo accusato ingiustamente prosegue il pm fa il pazzo, va su tutte le furie e denuncia. A prescindere».

Salvati risponde, lega questa scelta a un «consiglio dei suoi difensori». Sulle altre richieste, però, si limita a un non ricordo. Qualche domanda (molto tecnica) della Corte, in particolar modo del giudice Gioia. E il rinvio all'8 settembre per altri testi ben 64 quelli in elenco ma ne verranno ascoltati solo una parte. Attesa la decisione sul confronto all'americana.