È volato via nelle prime ore di ieri a quasi 92 anni, con la leggerezza di alcune delle sue melodie più celebri, lasciando però nel mondo una traccia profonda e indelebile del suo genio musicale. Ennio Morricone, "il Maestro", è spirato nel Campus biomedico della Capitale, dove era ricoverato da qualche giorno a causa di una caduta che gli aveva procurato la rottura del femore. Una frattura che spesso si rivela letale per chi ha un'età avanzata, come quella del grande compositore di origini ciociare.

Ennio Morricone, infatti, ormai patrimonio della musica e della cultura mondiale,è un vanto della nostra terra, e in particolare della città di Cicerone.Quella Arpino in cui amava tornare le rare volte che il suo fitto carnet di lavoro gli consentiva, per rivedere i luoghi della giovinezza, i suggestivi tramonti e i vecchi amici, come il senatore Massimo Struffi.

Ad Arpino nacque il padre del Maestro, un valido trombettista, e nel quartiere Colle vissero i suoi nonni.
Radici ciociare che il grande Ennio non ha mai nascosto, a differenza di qualche altro personaggio italiano dello spettacolo. Al contrario, le ha esaltate in un componimento datato 2002 e dedicato proprio alla grandezza della città. Che «non era nella sua dimensione reale, ma nella grandezza trovata nel mondo dai figli e dai figli dei figli partiti e non tornati.
E i ragazzini che giocano a palla somigliano ai padri dei padri antichi, mentre la luce del tramonto mutale ombre degli assenti in una vera presenza. Quello che era sembrato un sogno è rimasto un "vero" sogno. Di quei sogni che non muoiono mai e restano scolpiti nella storia». Un intenso e nostalgico attestato di amore, carico di lirismo come alcune sue colonne sonore che hanno fatto la storia del nostro cinema.

Le testimonianze
«Ricordo che l'anno scorso, quando era presidente di giuria per un premio di composizione a Roma, ho lavorato con lui gomito a gomito. Soltanto allora, nonostante i nostri incontri precedenti, credo di avere compreso la sua vera grandezza». Alberto Giraldi, direttore del Conservatorio "Licinio Refice" di Frosinone, ci ha rilasciato questa dichiarazione qualche ora dopo la scomparsa del Maestro.
«Era un personaggio straordinario, lucidissimo nonostante avesse superato i 90 anni, con tanta voglia di fare e ancora capace di emozionarsi di fronte al nostro lavoro. La musica, mi diceva,va sempre affrontata con grande amore e devozione, è una vocazione. E credo che nessuno più di lui la avesse».

Il professor Giraldi ricorda anche quando, nel 2008, riuscì a portare Ennio Morricone nel Capoluogo, per l'inaugurazione dell'auditorium intitolato a Daniele Paris.
«Studiarono musica insieme ed erano grandi amici Morricone e Paris  - spiega - Il Maestro, circa 45 anni fa, insegnò anche per un breve periodo al Conservatorio appena istituito. Poi, però, gli impegni da compositore ebbero il sopravvento e fu costretto a lasciare la cattedra. Riuscimmo a farlo tornare per il taglio del nastro dell'auditorium grazie ai buoni uffici del nostro insegnante Stefano Cucci, che è stato assistente di Morricone. Quel giorno la sala era strapiena.
Un evento memorabile».

Il direttore del "Licinio Refice" conclude annunciando una serie di iniziative che il Conservatorio organizzerà per celebrare il Maestro dopo la fine dell'emergenza Covid. Con l'auspicio di tutti che arrivi presto.

Il cordoglio di Arpino
È stato un risveglio triste per la città di Cicerone, che custodisce le origini della famiglia Morricone.
Ieri mattina, Arpino era avvolta da un'atmosfera di mestizia, come ci ha riferito il sindaco Renato Rea; «C'è tristezza in tutta la città e non potrebbe essere altrimenti. Ennio Morricone aveva un legame molto stretto con la sua Arpino, da cui aveva ricevuto la cittadinanza onoraria negli anni Ottanta. Quando poteva, tornava a farci visita anche se non si tratteneva oltre la giornata. L'ultima volta che ho avuto il piacere di incontrarlo è stato in occasione del suo novantesimo compleanno, circa due anni fa, nella sua casa romana.
Andai da lui con il senatore Massimo Struffi, suo grande amico, per consegnargli in dono un busto di Cicerone realizzato dal ceramista Antonio Gabriele. Lo apprezzò molto e ci disse che presto sarebbe venuto ad Arpino, impegni permettendo. Ho capito dai nostri discorsi quanto fosse attaccato a questa terra.
Purtroppo, non avremo l'onore di ospitarlo nuovamente.
Ma posso già annunciare che per questa estate, quando l'emergenza sanitaria si sarà allentata, il Comune promuoverà una serie di eventi, non solo musicali, per celebrare la grandezza dell'uomo oltre che del compositore. Un programma che concorderemo con i suoi quattro figli».

Il ricordo dell'amico
«Con la sua scomparsa piange tutto il mondo».
È lapidario il commento del senatore Massimo Struffi, arpinate come Ennio Morricone, anche se nato a Vercelli. «Oltre alla tristezza per la morte di un amico - ci ha spiegato l'ex parlamentare e presidente della Provincia - c'è il rammarico che i suoi Oscar li abbia ricevuti tardivamente. Ne avrebbe meritato uno per "The Mission" per esempio, mentre il primo gli è stato concesso nel 2007 alla carriera, quasi un premio di consolazione. Soltanto il secondo, nel 2016, ha rappresentato il giusto riconoscimento per la colonna sonora di "The Hateful Height" di Tarantino.
Ma credo proprio che avrebbe potuto collezionarne qualcuno in più. Infatti, non era soltanto uno straordinario compositore di musiche da film, ma le aveva caratterizzate modellandole sulla tradizione operistica e del melodramma italiano. E le creava come soltanto un genio può fare».

Massimo Struffi ci ha confermato (se ce ne fosse stato bisogno), il profondo legame del Maestro con Arpino.
Ennio Morricone, tra l'altro, era anche socio onorario del Circolo "Tulliano". «Il suo amore per la nostra terra - conclude l'ex senatore - si riflette nella musica scritta per "I mille rigagnoli", un'ode alla Ciociaria composta dal poeta Giuseppe Bonaviri, in occasione dell'apertura della nuova sede del Conservatorio di Frosinone.
E quando lo pregai di scrivere anche un'introduzione per una raccolta fotografica su Arpino di Piero Luigi Alberi, non se lo fece ripetere due volte».
È proprio vero l'epitaffio scritto ieri da Massimo Struffi: «Quando muore un amico, si sa, non muore mai.
Ciao, Ennio».