Da una "catastrofe" all'altra. Se Fca e indotto battono i denti per la crisi e lasciano appese migliaia di famiglie del territorio, non va certo meglio sul fronte commerciale. Sia perché proprio la recessione del settore auto, da decenni predominante, riduce al minimo essenziale il potere di acquisto sia perché anche le altre categorie lavorative non se la passano certo bene.

«Situazione difficile e pericolosa per tutto il territorio, continue le chiusure di attività», la sintesi del presidente provinciale di ConfimpreseItalia, Maurizio Coletta, a nome di tanti commercianti. Per tutti è lapalissiano che la gente non riesca più a spendere nei negozi, nessuna fila con clienti in attesa, poche o meglio pochissime commesse laddove i titolari riescono a gestire l'attuale situazione mentre finanche nei centri commerciali si vedono negozi chiusi. A fare male, come una ferita profonda per una categoria storica di Cassino, sono le saracinesche mai più alzate di tante, troppe attività.

«Si compra molto su internet ma così è un vero disastro, sostenete invece la nostra città - continua Coletta - prima c'era la crisi, poi il covid e ora? Dove sono gli aiuti? Un bacino di utenza di 200.000 persone, reso solido nel tempo, oggi non esiste più. Gli alberghi non hanno turisti mentre le uniche attività che reggono sono i bar ma anche loro hanno tanti problemi. È peggio di una guerra, senza sostegni. È vergognoso.
E poi? Settembre, ottobre saranno mesi peggiori di adesso. Non bisogna illudere gli operatori o raccontare favole.

Con questo sistema l'Italia stessa diventerà sempre più povera e potremmo andare incontro a grande default; come più volte comunicato dall'ex presidente Bce, Mario Draghi, senza erogazioni a tutti è un paese finito.
Serve coerenza per il popolo che soffre. Le attività a Milano perdono il 70% del fatturato. I grandi gruppi chiudono. A livello centrale, serve un Governo di unità nazionale che non litighi e che pensi ai problemi seri che le attività attraversano.

Il nostro centro è deserto. Aprite gli occhi.
Mi rivolgo a tutti i soggetti che non si rendono conto della crisi senza precedenti che sta colpendo le attività produttive, soprattutto nel nostro territorio. E, di fronte a questo scenario, mi chiedo: come si fa a rimanere chiusi nel proprio micromondo quando dovremmo essere parte di una città viva e produttiva? Decoro, attività produttive da sostenere e lavoro da tutelare, per noi devono andare di pari passo con un senso di appartenenza comune al destino della nostra città di Cassino».

Inutile nasconderlo, la situazione continua a peggiorare.
Le voci che si sentono sono quelle dei commercianti che continuano a lanciare l'allarme, in maniera quasi disperata. Categorie che hanno costruito parte del tessuto urbano cassinate e che ora hanno bisogno di sostegno, di una idea, di un segnale. In ogni direzione, laddove anche la mancata capacità di acquisto interroga sul sostegno ad altre realtà e ad altri settori.
Un sforzo congiunto tra più e più soggetti, laddove la "pandemia economica" può rischiare di diventare sociale.