In cuor loro gli industriali del Lazio, chiamati da oggi nell'incontro con i saggi a decidere sulla successione di Filippo Tortoriello, hanno tutti lo stesso obiettivo: la discontinuità. Rispetto a una presidenza scialba e poco incisiva, rispetto a una considerevole perdita di peso nell'ambito del dibattito pubblico, rispetto ad una linea ondivaga nei rapporti con Regione Lazio e Comune di Roma, i maggiori stakeholder politici del territorio. Anche nell'ultima dichiarazione, quella sugli Stati Generali, Tortoriello, al di là di un debole lamento, non accenna a una soluzione, non propone un'idea, non mette in campo un progetto. Da un lato sembra volersi scagliare contro il Governo, dall'altro teme di disturbare uno o più manovratori dello stesso. Tutt'altra roba e tutt'altra consistenza servono oggi alla seconda regione d'Italia per lanciare la sua sfida ad un futuro di per sé molto difficile. Cosa che non sembra non poter passare più dalle solite stanze, dai soliti accordi, dai soliti schemi. "Solito": l'aggettivo che a gennaio avrebbe convinto tutti oggi, dopo il Covid, potrebbe diventare il "marchio" da accantonare.
Per tale motivo anche a Unindustria, in questo momento, comincia a far paura quella "tranquillità" che sa tanto di resa.