Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
sezione staccata di Latina (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 697 del 2019, integrato da motivi aggiunti,
proposto da
DHI - Dignitatis Humanae Institute, in persona del legale rappresentante pro
tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Marco Grea, Ernesto Stajano,
Daniele Villa e Maria Antonietta Mandica, con domicilio digitale come da PEC da
Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio del secondo in Roma, via
Sardegna n.14;
contro
Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo e Ministero dell'Interno,
in persona dei rispettivi Ministri pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura
Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
e con l'intervento di
ad opponendum:
Comunità Solidali Lab, Associazione Gottifredo, Alle Origini del Cammino di San
Benedetto, Amici del Cammino di San Benedetto, Club Alpino Italiano Sezione di
N. 00697/2019 REG.RIC.
Alatri, De Rerum Natura, Gruppo di Azione Locale Versante Laziale del Parco
Nazionale di Abruzzo, Circolo Legambiente il Cigno di Frosinone, Fondazione
L'Abbadia, Pro Loco Dr. Tullio De Santis di Collepardo, Res Ciociaria, Sylvatica,
in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi
dagli avvocati Chiarina Ianni e Sara Spirito, con domicilio digitale come da PEC da
Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Paola Perazzotti in Latina,
via Vincenzo Monti n.13;
per l'annullamento
previa sospensiva,
del decreto DG-MU|16/10/2019|1279, comunicato in data 16 ottobre 2019, del
Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, a firma congiunta del
Segretariato Generale, della Direzione Generale Musei e del Polo Museale del
Lazio, con il quale è stato disposto l'annullamento d'ufficio:
- del decreto del 16/06/2017 del Segretariato Generale, con il quale era stata
approvata la graduatoria risultante dalla tabella allegata al verbale di riunione della
Commissione giudicatrice, nella parte riferita all'odierna ricorrente con riguardo al
bene immobile culturale denominato Certosa di Trisulti;
- della nota prot. 6935 del 26/06/2017 della Direzione Generale Musei, con la quale
si è comunicato all'odierna ricorrente di "essere risultata concessionaria con
punteggio 72,6" relativamente al bene Certosa di Trisulti;
e per l'effetto,
- del contratto di concessione sottoscritto dal Direttore Generale Musei, dalla
Direttrice del Polo Museale del Lazio e dall'odierna ricorrente in data 14/02/2018,
rep. 46;
- ove occorrer possa, del parere reso dall'Avvocatura Generale dello Stato del 29
maggio 2019, non conosciuto;
- di ogni atto presupposto, consequenziale o comunque connesso o coordinato
rispetto a quello impugnato, anche non conosciuto.
N. 00697/2019 REG.RIC.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e del Ministero
per i Beni e le Attivita' Culturali;
Visti gli atti di intervento ad opponendum;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 maggio 2020 il dott. Roberto Maria
Bucchi;
Trattenuta la causa in decisione ai sensi dell'art. 84, comma 5, del D.L. n. 18/2020;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1) Con ricorso notificato a mezzo servizio postale il 19 novembre 2019 e depositato
il successivo giorno 22, l'Associazione DHI Dignitatis Humanae Institute,
premesso di avere sottoscritto con il Polo Museale Regionale per il Lazio in data 14
febbraio 2018 convenzione relativa alla concessione in uso del bene immobile
appartenente al demanio culturale dello Stato denominato "Certosa di Trisulti" sito
in località Collepardo (FR), a seguito del superamento della procedura selettiva
indetta con avviso pubblico del 28.10.2016 della Direzione Generale Musei del
Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, ha impugnato il
provvedimento descritto in epigrafe col quale la predetta amministrazione ha
disposto l'annullamento d'ufficio ai sensi e per gli effetti dell'art. 21 nonies della L.
n. 241/90 del decreto in data 16.6.2017 con il quale il Segretario generale ha
approvato la graduatoria nella parte riferita all'associazione ricorrente con riguardo
al bene immobile in argomento, della nota prot. 6935 del 26.6.2017 con la quale si
è comunicato alla ricorrente di essere risultata concessionaria e, per l'effetto, del
contratto di concessione sottoscritto in data 14.2.2018.
2) In particolare, l'Amministrazione motiva il suddetto atto in autotutela in ragione
delle seguenti criticità:
- carenza della personalità giuridica, invece, prevista dalla lex specialis, acquisita
N. 00697/2019 REG.RIC.
solo successivamente e, segnatamente, in data 20 giugno 2017 (come risultante dal
certificato dalla Prefettura di Roma di cui alla nota prot. 220500 del 21 giugno
2017 agli atti del procedimento);
- carenza del requisito concernente la previsione, tra le finalità principali definite
per legge o per statuto, dello svolgimento di attività di tutela, di promozione, di
valorizzazione o di conoscenza dei beni culturali e paesaggistici, atteso che lo
statuto della DHI non prevedeva la predetta finalità, acquisita solo
successivamente, in data 30 marzo 11 2017, mediante integrazione dello statuto
medesimo;
- carenza del requisito concernente la documentata esperienza quinquennale nel
settore della collaborazione per la tutela e la valorizzazione del patrimonio
culturale, atteso che l'associazione DHI risulta essere stata costituita in data 8
novembre 2016;
- indicazione nel curriculum vitae allegato alla domanda di partecipazione, di
attività anteriori alla costituzione dell'associazione non comprovate o congruenti
con quanto richiesto dal bando.
Inoltre, l'Amministrazione ritiene non applicabile nella specie il limite temporale
dei diciotto mesi per l'adozione del provvedimento di annullamento d'ufficio di cui
all'art. 21 nonies L. 241/90, perché il rapporto concessorio "integrando una
fattispecie contrattuale a carattere sinallagmatico, non costituisce né un
provvedimento di autorizzazione né un provvedimento di attribuzione di vantaggi
economici", e perché " laddove il provvedimento amministrativo risulti conseguito,
come nel caso di specie, sulla base di false rappresentazioni dei fatti o di
dichiarazioni sostitutive di certificazioni false o mendaci - circostanza questa
neppure oggetto di contestazione nella memoria partecipativa della DHI - non è
necessario il previo accertamento definitivo in sede giurisdizionale".
3) A sostegno del gravame, la ricorrente deduce le seguenti censure di violazione di
legge (artt. 2 e 3 del d.m. 6 ottobre 2015 n. 93215; art. 4 dell'avviso pubblico del 28
ottobre 2016; 3, 6 e 21 nonies della l. 7 agosto 1990, n. 241) ed eccesso di potere:
N. 00697/2019 REG.RIC.
I) Il provvedimento di autotutela impugnato è fondato sostanzialmente su una
nuova "interpretazione" dei medesimi documenti acquisiti in gara, già valutati dal
Ministero più di due anni prima e quindi viziato per eccesso di potere per
sviamento, in quanto la P.A. ha esercitato il tipico potere di autotutela per finalità
diverse da quelle attribuitele dal Legislatore, perseguendo – anche in aperto
contrasto con i principi di libertà di associazione e manifestazione del pensiero di
cui agli artt. 2, 18 e 21 della Costituzione – l'interesse specifico a precludere
l'esercizio di un'attività a suo tempo assentita, per ragioni che appaiono
sostanzialmente collegate alle contestazioni sociali e politiche di cui è stata oggetto
la DHI.
II) Il provvedimento di annullamento dell'aggiudicazione in favore della DHI si
fonda sulla asserita originaria carenza dei requisiti previsti dell'Avviso Pubblico del
28 ottobre 2016 ai fini dell'ottenimento della concessione dei beni ivi indicati.
Tuttavia, le valutazioni espresse dall'Amministrazione, al fine di contestare
l'originaria aggiudicazione della concessione, devono ritenersi illegittime in quanto
fondate su una lettura formalistica e restrittiva della disciplina di riferimento nonché
delle regole fissate dalla lex specialis, in quanto:
- l'originaria carenza della personalità giuridica, in capo alla DHI, non può ritenersi
radicalmente preclusiva alla partecipazione alla gara;
- l'omessa "previsione, tra le finalità principali definite per legge o per statuto,
dello svolgimento di attività di tutela, di promozione, di valorizzazione o di
conoscenza dei beni culturali e paesaggistici" è smentita dalla lettura della
originaria formulazione dello statuto ove si evince chiaramente che, fra i compiti
della DHI, rientrava certamente la "promozione del patrimonio culturale", così
come richiesto dall'avviso pubblico;
- relativamente all'esperienza quinquennale, negata dall'Amministrazione sulla
base della data dell'atto costitutivo stipulato in Italia, va ribadito che la DHI
operava in realtà, come associazione non riconosciuta, sin dal 2008,
N. 00697/2019 REG.RIC.
originariamente attraverso la creazione di "Gruppi di Lavoro Parlamentare sulla
Dignità Umana" attivi nell'ambito di diversi Parlamenti Europei.
III) In ogni caso difettano, nella fattispecie, le condizioni per procedere, ai sensi
dell'art. 21 nonies della l. 7 agosto 1990, n. 241, all'annullamento delle
determinazioni assunte a valle della gara e, in particolare, il rispetto del termine di
diciotto mesi per l'adozione dell'atto in autotutela.
4) Con atto depositato il 28 novembre 2019, si è costituito in giudizio il Ministero
dei Beni e le Attività Culturali deducendo, con successiva memoria, l'infondatezza
del ricorso.
6) Con motivi aggiunti regolarmente notificati e depositati l'11 dicembre 2019 la
ricorrente ha impugnato la nota prot. n. 10331 del 5 dicembre 2019 con cui il
Ministero resistente ha ordinato di provvedere al rilascio dell'immobile culturale
Certosa di Trisulti, libero di persone e beni appartenenti alla DHI, nonché il
provvedimento n. 0016790 del 4.12.19 con cui il Ministero, in relazione all'istanza
di accesso agli atti presentata dal DHI, ha opposto diniego al rilascio del parere del
29 maggio 2019 dell'Avvocatura ai sensi dell'art. 2, lett. a, del DPCM 26 gennaio
1996 n. 200 e della nota dell'Ufficio Legislativo del Ministero ai sensi dell'art. 2
lett. c, del DPCM n. 200/1996.
7) Con ordinanza n. 344 del 18 dicembre 2019, la Sezione ha accolto, limitatamente
all'atto impugnato col ricorso introduttivo, la domanda di tutela cautelare.
8) Con ulteriori motivi aggiunti regolarmente notificati e depositati il 30 dicembre
2019, la ricorrente ha impugnato la nota prot. n. 10331 del 5 dicembre 2019 con cui
il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo, Polo Museale del
Lazio ha ordinato all'Associazione Dignitatis Humanae Institute di provvedere al
rilascio dell'immobile culturale Certosa di Trisulti, sito in Collepardo (FR), libero
di persone e beni appartenenti alla DHI.
9) Con ordinanza n. 13 del 16 gennaio 2020 la Sezione ha accolto la domanda di
tutela cautelare e ordinato all'Amministrazione l'esibizione e il rilascio di copia dei
documenti oggetto dell'istanza di accesso presentata dalla ricorrente.
N. 00697/2019 REG.RIC.
10) Con atto regolarmente notificato e depositato il 30 gennaio 2020, sono
intervenuti ad opponendum i soggetti ivi elencati precisando "di essere portatori di
un interesse qualificato al mantenimento del provvedimento ministeriale impugnato
ex adverso, in quanto lo stesso restituisce alla pubblica e libera fruizione la Certosa
di Trisulti, espungendone un soggetto del tutto estraneo al territorio, alla natura ed
allo spirito del luogo e del complesso monastico". L'associazione ricorrente, con
memoria depositata il 7 febbraio 2020, ha eccepito l'inammissibilità degli
interventi.
11) Alla pubblica udienza dell'11 marzo 2020, la causa è stata riservata per la
decisione.
12) Per quanto concerne gli interventi oppositivi, l'eccezione d'inammissibilità
sollevata da parte ricorrente è fondata.
Le comunità interventrici presentano tutte statuti dai quali emerge, con marginali
differenziazioni, un generale scopo di valorizzazione del patrimonio culturale. Già
prima facie non appare evidente come la concessione gestoria della storica Certosa
di Trisulti alla Dignitatis Humanae Institute – di cui la stessa contesta
l'annullamento d'ufficio da parte del Ministero dei Beni Culturali – possa ex se
compromettere lo scopo di valorizzare il patrimonio culturale del quale le comunità
assumono essere portatrici. Si aggiunga, inoltre, che l'interesse ad interveniendum
non riveste qualificazione specifica, giacché nessuna delle undici interventrici ha
preso parte alla selezione a conclusione della quale è stato rilasciato alla Dignitatis
il provvedimento concessorio. Vero è che l'interesse all'intervento processuale può
assumere anche solo natura di mero fatto, come riconosciuto dalla giurisprudenza,
ma è pur vero che deve essere comunque differenziato e non indistinto, e in ogni
caso deve essere attuale e certo.
In specie le stesse interventrici ammettono che esse "come riscontrabile dai fini
istituzionali …..ben potrebbero avere interesse ad una nuova procedura di
assegnazione nel rispetto della legalità, cui potrebbero eventualmente prenderci
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parte da sole o da associate". Esse, dunque, affermano di vantare un interesse non
attuale e nemmeno differenziato dal generale interesse al ripristino della legalità
comune a quivis de populo.
L'interesse a base degli interventi lo rende dunque inammissibile, in quanto non
attuale e non differenziato.
13) L'ammissibilità della richiesta di accesso documentale formulata
dall'associazione ricorrente è contestata dalla difesa erariale sia con riguardo al
carattere generico della domanda in ordine all'accesso alle attività istruttorie, sia
per assenza d'interesse in ordine alla richiesta delle interpellanze parlamentari sulla
vicenda, sia per il divieto normativo di ostensione dei pareri resi dall'Avvocatura
dello Stato su materie oggetto di liti in potenza o in atto (art. 2 lett. a del D.P.C.M.
26 gennaio 1996 n. 200). Tuttavia si può prescindere dall'esame della suddetta
pregiudiziale, stante la fondatezza del ricorso nel merito anche indipendentemente
dall'accesso richiesto da parte ricorrente.
14) Coglie nel segno l'assorbente censura con cui la ricorrente lamenta la
violazione del termine di diciotto mesi previsto dall'art. 21 novies per l'adozione
del provvedimento di annullamento d'ufficio.
15) Il decreto impugnato è stato adottato il 16 ottobre 2019, quindi evidentemente
oltre il succitato termine di diciotto mesi rispetto alla sottoscrizione del contratto di
concessione avvenuta in data 14/02/2018 e ancora più oltre il decreto del
16/06/2017, con il quale era stata approvata la graduatoria nella parte riferita
all'odierna ricorrente e la nota del 26/06/2017 della Direzione Generale Musei, con
la quale era stato comunicato all'odierna ricorrente di "essere risultata
concessionaria relativamente al bene Certosa di Trisulti.
16) L'Amministrazione non ha ignorato tale circostanza ma ha ritenuto che nel caso
di specie non si dovesse applicare detto limite temporale in ragione della presenza
delle seguenti circostanze:
- l'applicabilità della disposizione soltanto ai contratti che prevedono vantaggi
economici, nel cui alveo non rientrerebbe la concessione oggetto del presente
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giudizio in quanto sorretta da un rapporto sinallagmatico;
- l'ottenimento di detti vantaggi sarebbe stato conseguito a seguito di false
rappresentazioni, operando pertanto la disciplina di cui al secondo comma dell'art.
21 nonies, comma 2 bis, della l. 7 agosto 1990, n. 241.
17) Tali assunti però sono privi di pregio.
18) Con riguardo al primo, come correttamente osservato dalla ricorrente,
l'eventuale struttura sinallagmatica del rapporto non esclude in alcun modo, ma
anzi conferma che il rapporto instaurato abbia una valenza economica per il
concessionario, quand'anche comporti determinate controprestazioni.
Inoltre, la concessione è un provvedimento ampliativo della sfera giuridica del
concessionario (e costituisce, dunque, un "vantaggio economico") in quanto in
grado di consentirgli l'utilizzo – anche per finalità economiche – di un bene
demaniale che altrimenti sarebbe sottratto a qualsiasi forma di sfruttamento da parte
dei soggetti privati; il canone – pur costituendo una prestazione a carico del privato
– non è rapportato al valore intrinseco dello sfruttamento economico del bene.
Pertanto, non potendosi ragionevolmente dubitare che la concessione di un bene
pubblico determini, per l'aggiudicatario, un vantaggio economico, deve
conseguentemente ritenersi operante il limite dei 18 mesi per l'eventuale adozione
di un provvedimento di autotutela.
19) Con riguardo al secondo, va detto che l'art. 21 novies prevede espressamente
che "I provvedimenti amministrativi conseguiti sulla base di false rappresentazioni
dei fatti o di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell'atto di notorietà false o
mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in
giudicato, possono essere annullati dall'amministrazione anche dopo la scadenza del
termine di diciotto mesi di cui al comma 1".
Nel caso di specie, però l'Amministrazione si limita ad affermare l'assenza
originaria di taluni requisiti che la ricorrente aveva affermato di possedere, senza
tuttavia chiarire in modo puntuale quali dichiarazioni "false o mendaci" avrebbe
N. 00697/2019 REG.RIC.
reso la DHI.
In ogni caso, le dichiarazioni false o mendaci devono costituire l'effetto di condotte
costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato, requisito nella specie
affatto mancante.
Sul punto, la giurisprudenza ha spiegato che "L'art. 21 nonies, l. 7 agosto 1990, n.
241 si interpreta nel senso che il superamento del rigido termine di diciotto mesi —
entro il quale il provvedimento amministrativo illegittimo può essere annullato
d'ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, è consentito: a) sia nel caso
in cui la falsa attestazione, inerente i presupposti per il rilascio del provvedimento
ampliativo, abbia costituito il frutto di una condotta di falsificazione penalmente
rilevante (indipendentemente dal fatto che siano state all'uopo rese dichiarazioni
sostitutive): nel qual caso sarà necessario l'accertamento definitivo in sede penale;
b) sia nel caso in cui l'(acclarata) erroneità dei ridetti presupposti risulti comunque
non imputabile (neanche a titolo di colpa concorrente) all'Amministrazione, ed
imputabile, per contro, esclusivamente al dolo (equiparabile, per solito, alla colpa
grave e corrispondente, nella specie, alla mala fede oggettiva) della parte: nel qual
caso — non essendo parimenti ragionevole pretendere dalla incolpevole
Amministrazione il rispetto di una stringente tempistica nella gestione della
iniziativa rimotiva — si dovrà esclusivamente far capo al canone di ragionevolezza
per apprezzare e gestire la confliggente correlazione tra gli opposti interessi in
gioco" (cfr. Consiglio di Stato sez. V, 27/06/2018, n.3940).
Nel caso che ci occupa, per le ragioni sin qui spiegate non ricorre alcuna della
ipotesi descritte.
20) Va comunque precisato che non vi sono ostacoli normativi alla valutazione da
parte del Ministero dei Beni Culturali delle esperienze curricolari della Dignitatis
anche per le attività anteriori all'acquisto della personalità giuridica, sia nel periodo
durante il quale operava nel regime di diritto britannico, sia a decorrere dal 2011
allorché ha trasferito la sede in Italia ivi operando come associazione di fatto (cfr.
art. 25 della legge 31 maggio 1995 n. 218).
N. 00697/2019 REG.RIC.
21) In conclusione, quindi, il ricorso e i motivi aggiunti devono essere accolti, con
conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati.
22) Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio sezione staccata di Latina
(Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso e i motivi aggiunti R.G.
697/19 li accoglie e, per l'effetto, annulla i provvedimenti impugnati.
Dichiara inammissibili gli interventi oppositivi.
Condanna il Ministero per i Beni e le Attività Culturali alle spese e competenze del
giudizio che liquida in complessivi € 6.000 (seimila), oltre spese generali, ex art. 14
tariffario forense, cpa e iva.
Ordina la restituzione del contributo unificato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Latina, nella camera di consiglio del 13 maggio 2020, tenutasi
mediante collegamento da remoto in videoconferenza, ai sensi dell'art. 84, comma
6, del D.L. n. 18/2020, con l'intervento dei magistrati:
Antonio Vinciguerra, Presidente
Roberto Maria Bucchi, Consigliere, Estensore
Valerio Torano, Referendario