Il regalo di compleanno gliel'ha fatto iltribunale di Frosinone. A pochi giorni dal compimento dei 55 anni, una donna veneziana ha ottenuto la condanna a cinque anni e mezzo di reclusione del proprio marito, marocchino di 39 per violenza sessuale e maltrattamenti in famiglia. E tra le accuse c'era pure quella di esser stata costretta a sposarsi, l'8 marzo del 2018, sotto la minaccia ha sostenuto l'accusa che lui l'avrebbe bruciata.

I due si conoscono nell'estate del 2017, sul litorale adriatico. Lei se ne innamora e decide di seguirlo, perdendo, peraltro, il lavoro che ha a Jesolo. L'uomo, un ambulante, dice di volerla portare vicino a Roma.
Ma arrivano a Ferentino dove l'uomo vive. La convivenza è un incubo: la donna, dopo essersi rivolta a un centro antiviolenza, denuncerà una serie di vessazioni. Secondo le accuse lui l'avrebbe costretta a subire in più occasioni atti sessuali completi, minacciando di picchiarla se lei si fosse negata e «abusando delle condizioni d'inferiorità fisica e psichica».

Secondo l'accusa portata avanti dal pm di Frosinone, cheieri hachiestouna condannaa sei anni e mezzo, la donna è costretta a subire vessazioni, picchiata «con cadenza pressoché quotidiana con calci e pugni», obbligata a seguirlo ovunque andasse il marito. Perfino le è impedito di avere contatti con i familiari (lui con un morso le distrugge la sim del telefono). Prima del matrimonio lui l'avrebbe minacciata di bruciarla viva se non si fossero sposati, come poi avvenuto a Ferentino proprio il giorno della festa della donna.

La donna non può nemmeno prelevare i soldi per acquistare il cibo. La donna finisce per vivere in auto e così sarà ritrovata dalla polizia locale a Cavallino-Treporti, «come una profuga», come riferito in aula, in una precedente udienza, dalla sorella. Ieri, davanti alcollegio presieduto dal giudice Giuseppe Farinella,
B.E.I. è stato processato con giudizio immediato. Per le disposizioni anti-Covid l'uomo, che ha voluto presenziare ed è stato ascoltato, era in collegamento video dal carcere. La parte offesa, invece, era in
aula come sempre, assistita dagli avvocati Antonino Nobile e Valentina Cela.

Dopo la camera di consiglio il tribunale ha condannato B.E.I. a cinque anni e mezzo oltre al risarcimento danni da quantificare in sede civile e a una provvisionale
immediatamente esecutiva di 10.000 euro. E lo ha assolto da un'ulteriore contestazione di lesioni, per un giorno di prognosi, sempre ai danni della moglie.