Un rilancio con il braccino corto che potrebbe far smascherare il bluff. Il nuovo decreto del Governo, appunto quello denominato Rilancio, rischia di scontentare molte categorie produttive e di non rimettere completamente in moto la macchina di un'Italia fortemente provata da un punto di vista sanitario e da un punto di vista economico per il fermo prolungato durante e dopo il lockdown. Un blocco che rischia di penalizzare pesantemente pure la Ciociaria di fronte a una difficile ripartenza.

Il numero uno degli industriali ciociari Giovanni Turriziani, prova ad analizzare le prospettive in relazione al decreto adottato l'altro giorno dal Governo.
«È un provvedimento di soccorso, di emergenza, di sussidio generale molto allargato - commenta il presidente di Unindustria Frosinone - Si può dibattere se dia più ai lavoratori o alle imprese, ma si tratta di sussidi a pioggia, senza un criterio di rilancio. Manca una strategia di rilancio e su questo sono d'accordo con il segretario generale della Cisl del Lazio Enrico Coppotelli quando lo definisce un decreto difensivo. Andava risparmiato un periodo che si rischia di sprecare: il rischio è che a novembre o a dicembre andrà fatta un'altra manovra. Questa fase poteva essere sfruttata per finanziare il rilancio degli investimenti».

Facciamo un caso concreto?
«Nel decreto Rilancio c'è l'ecobonus, ma anche qui la macchina burocratica e l'accessibilità ai finanziamenti bancari rendono la misura farraginosa. A tutti i livelli andava semplificata la burocrazia, è questa era l'occasione per farlo. Il rischio è di ripartire con questi rallentamenti. Mentre al contrario, si poteva partire in maniera più snella da un punto di vista burocratico».
Non tutti gli imprenditori sono disponibili a sostenere tutti gli sforzi per ripartire in sicurezza.
«A carico del datore di lavoro rimane il rischio Covid che non andava trattato come un rischio generico. Restano le responsabilità civili e penali, un assurdo non sanato che crea allarme e disoccupazione».

In che senso?
«Tra aprire al 60 o al 40%, l'imprenditore chiude e basta. Chi glielo fa fare di accollarsi questa responsabilità? Posso accettare i controlli, che i presidi sanitari vanno mantenuti, ma non posso accettare questo rischio generico che c'è in qualsiasi momento della giornata, non solo durante il lavoro».

Guardando alla Ciociaria per la mobilità c'è poco.
«Abbiamo poco o nulla: i 500 euro per le bici e i monopattini che, però, si applicano ai capoluoghi di provincia e alle città con più 50.000 abitanti. La notizia buona per Frosinone è che è stata rifinanziata la misura di coesione territoriale con 60 milioni. In questo fondo per le aree interne rientrerebbe il progetto del grande capoluogo».

Eppure poteva essere l'occasione per puntare su una mobilità alternativa.
«Serviva una visione a più largo raggio. Sull'auto è stato fatto molto poco, sulla mobilità pochissimo e comunque per le città sopra i 50.000 abitanti. Sul trasporto pubblico, invece, ci sarà una task force che si occuperà dell'adozione per la pubblica amministrazione di un piano di spostamento casa-lavoro destinato agli enti con più di 100 dipendenti e ai Comuni con più di 50.000 abitanti. È come dire se sei un dipendente pubblico faccio un piano spostamento casa lavoro ma se sei dipendente di un'impresa privata no. Perché? Perché da una parte c'è lo Stato e dall'altra il privato? Ti preoccupi solo quando il datore di lavoro sei tu. Nella manovra ci sono risorse per gli spostamenti dei dipendenti pubblici, mentre per gli altri sono a carico nostro, ammesso che lo consideri un mio problema e che paghi senza alcun incentivo».

Dubbi sull'adeguamento dei locali al rispetto delle misure anticontagio.
«Usciranno le misure di Invitalia che finiranno in pochi secondi e che non bastano. Ma poi questi costi da chi verranno pagati? Il mercato te li renderà? Mi aspetto un fenomeno inflattivo. I minori posti, le perdite, i nuovi pezzi da ordinare per poter reggere chi li pagherà? Ci sarà un aumento dei prezzi e questo non lo si è considerato. Come se questa valutazione spettasse a un secondo tempo. È un decreto che serve come tappabuchi e per salvare il salvabili. C'è poi il fatto che chi è più veloce a ripartire ottiene un vantaggio sul mercato. Per l'Italia che vive di turismo non c'è una manovra di rilancio del settore turistico come di quello commerciale e industriale. Si chiama rilancio, ma il rilancio non c'è, è solo soccorso».