Sono passati cinquantanove giorni dal due marzo, quando si registrò il primo caso positivo al Covid-19 in provincia di Frosinone. Da allora ci sono stati 643 contagiati e 48 decessi. Il dato sicuramente più oggettivo, però, resta quello dell'indice di mortalità, che misura il rapporto tra gli abitanti di una determinata zona e i morti per una certa patologia. Soprattutto perché, sul versante dei contagiati, c'è chi continua a sostenere che in realtà quelli ufficiali sono soltanto la punta dell'iceberg. E indubbiamente il fattore "asintomatici" esiste. Questo vuol dire che l'indice di letalità (rapporto tra contagiati e morti) è destinato a scendere quando saranno rese note le reali cifre della pandemia. In ogni caso diamo uno sguardo a quelli che sono attualmente certi rapporti.

I residenti nei 91 Comuni ciociari sono 489.083. Significa che c'è stato un decesso per Coronavirus ogni 10.189,22 abitanti. Con un indice di mortalità pari allo 0,00981%. Dividendo poi il numero degli abitanti per quello dei soggetti trovati positivi al Covid (643), emerge che è stata infettata una persona ogni 760,62 residenti. E anzi il rapporto è ancora più basso se si considerano i contagiati che non risiedono in provincia di Frosinone. Numeri che dimostrano in modo chiaro come in realtà non è proprio così semplice contrarre il Coronavirus.

Dicevamo poi dell'indice di letalità, cioè il rapporto tra persone finora contagiate (643) e decessi (48). Questo rapporto è pari a 13,3. Ma ribadiamo: i conti si faranno alla fine, quando si saprà il numero esatto delle persone contagiate. Un indice quindi destinato a scendere di molto. Ma ci sono pure 133 persone guarite e 64 dimesse. Più tutti i "positivi" che hanno trascorso la malattia in isolamento domiciliare perché hanno accusato sintomi lievi e gestibili. Vuol dire che il Coronavirus si può superare. Non bisogna poi mai prescindere dalla valutazione di quello che è stato l'impatto iniziale. A partire dal sette marzo in poi, con l'ondata di ricoveri negli ospedali. Specialmente a Terapia intensiva. Oggi tutto questo non c'è più. Il reparto di Rianimazione dell'ospedale Fabrizio Spaziani di Frosinone è "Covid free" da tre giorni. Fino al dodici aprile tutti i 14 posti erano occupati. Così come si sono svuotate le altre "divisioni" in prima fila nella trincea di questa "guerra": oggi tra Malattie infettive (26 posti), Medicina Covid (40), Medicina d'urgenza Covid (20) sono occupati 39 posti letto su 86. Cioè 47 sono liberi. E anche in questo caso fino al dodici aprile si registrava il "sold out". Va pure aggiunto che, sul versante dei decessi, sono pochissimi quelli registrati su persone ricoverate dopo il primo aprile.

Dicevamo dell'impatto iniziale. Ai primi di marzo negli ospedali sono arrivati anche pazienti che erano stati a casa molti giorni con la febbre e con sintomi simil-influenzali. Quando non si conosceva il Covid-19. Soltanto successivamente si è capito che il virus in realtà non colpiva soltanto i polmoni, ma provocava anche diffuse infiammazioni. Pure in altri organi. Molto è cambiato quando, grazie anche alle autopsie effettuate al Nord, sono state scoperte le vasculiti e riscontrate tante microembolie. Allora è stato chiaro che diversi pazienti erano morti non tanto per insufficienza polmonare grave, quanto per eventi tromboembolici, legati a danni da parte del virus sull'endotelio basale e alveolare del polmone. Da qui l'uso dell'eparina a basso peso molecolare.

Per non parlare del Tocilizumab, un anticorpo monoclonale che inibisce una citochina coinvolta nel processo infiammatorio. All'inizio tutto questo non si sapeva e molti pazienti sono stati ricoverati a Terapia intensiva in condizioni già compromesse. Oggi però c'è pure un'altra considerazione da fare: i pochissimi nuovi casi riscontrati non sono più da "Pronto Soccorso". Nel senso che non sono inattesi. Provengono nella quasi totalità da "cluster" familiari, da situazioni attenzionate. A conferma che sono state prese le misure al Covid-19.