Spazio satira
L'anniversario
10.02.2023 - 21:11
Franz Kafka, nelle sue "Conversazioni con Gustav Janouch", scrisse che «tutte le fiabe sono uscite dalle profondità del sangue e della paura»; mentre L.L. Levinson, nel suo "The left handed dictionary", osservò argutamente che una favola, in fondo, altro non è se non «una storia dell'orrore per preparare i bambini ai giornali». Ed in effetti, se ci si pensa, quella particolare forma narrativa (in teoria indirizzata soltanto ai bambini ma che invece finisce per coinvolgere spesso anche un pubblico più adulto) affronta non di rado tematiche spinose, si sofferma a descrivere scene molto truculente ed evidenzia gli aspetti peggiori dell'animo umano, inducendoci a profonde riflessioni sulla vita e sugli uomini.
Basterebbe del resto pensare alle splendide favole di Esopo e di Fedro, che raccontano le nefandezze ed il cinismo di spietati animali, alle incredibili crudeltà narrate in quelle dei Fratelli Grimm (citiamo, tra tutte, "Hansel e Gretel" e "Cappuccetto Rosso"...), o al geniale racconto "Alice nel paese delle meraviglie" di Lewis Carroll, che al fiabesco mescola sapientemente il gotico e l'horror. Opere che sono piene di immagini terribili, efferati crimini ed immoralità diffuse, ma che sono anche dei veri e propri capolavori. Tra questi è giusto ed opportuno ricordare senza alcun dubbio "Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino", di Carlo Collodi, famosissimo romanzo che venne per la prima volta pubblicato nella sua versione completa nel febbraio del 1883 (e quindi esattamente 140 anni fa).
Quella surreale ed allegorica favola è diventata uno dei più grandi classici della letteratura italiana di sempre; e nonostante sia (ovviamente e giustamente) inquadrata nel genere della "letteratura per ragazzi" (che è però spesso ritenuta dai critici di minore spessore rispetto a quella "tradizionale"), ha comunque riscosso l'apprezzamento di diversi grandi scrittori. Tanto è vero che Benedetto Croce, ad esempio, ebbe a dire che «il legno, in cui è tagliato Pinocchio, è l'umanità», ed Emile Zola scrisse che «il Pinocchio di Collodi è un miracolo letterario dalla profondità esoterica quasi intollerabile». Il romanzo del grande scrittore toscano – come ben sappiamo – non è rimasto dentro i nostri confini nazionali, ed infatti è stato tradotto in oltre 260 lingue, ed ha avuto numerose trasposizioni teatrali, cinematografiche e televisive in ogni parte del mondo.
Le ragioni di tanto successo sono molteplici. Prima fra tutte la stupefacente originalità di Collodi, il quale, attraverso un registro linguistico di straordinaria efficacia evocativa, regala al lettore sorprendenti soluzioni narrative quasi ad ogni pagina. Ecco, ad esempio, in che modo lo scrittore toscano descrive il famoso "paese dei balocchi": «Esso non somigliava a nessun altro paese del mondo. La sua popolazione era tutta composta di ragazzi. I più vecchi avevano quattordici anni: i più giovani ne avevano otto appena. Nelle strade, un'allegria, un chiasso, uno strillìo da levar di cervello! Branchi di monelli dappertutto. Chi giocava alle noci, chi alle piastrelle, chi alla palla, chi andava in velocipede, chi sopra a un cavallino di legno; questi facevano a mosca-cieca, quegli altri si rincorrevano; altri, vestiti da pagliacci, mangiavano la stoppa accesa: chi recitava, chi cantava, chi faceva i salti mortali, chi si divertiva a camminare colle mani in terra e colle gambe in aria; chi mandava il cerchio, chi passeggiava vestito da generale coll'elmo di foglio e lo squadrone di cartapesta; chi rideva, chi urlava, chi chiamava, chi batteva le mani, chi fischiava, chi rifaceva il verso alla gallina quando ha fatto l'ovo; insomma un tal pandemonio, un tal passeraio, un tal baccano indiavolato, da doversi mettere il cotone negli orecchi per non rimanere assorditi. Su tutte le piazze si vedevano teatrini di tela, affollati di ragazzi dalla mattina alla sera, e su tutti i muri delle case si leggevano scritte col carbone delle bellissime cose come queste: Viva i balocci (invece di balocchi): non vogliamo più schole (invece di non vogliamo più scuole): abbasso Larin Metica (invece di l'aritmetica) e altri fiori consimili».
Ma, a mio modesto avviso, la genialità di Collodi si nota ed emerge soprattutto se si pone attenzione alla sua abilità nell'ideazione, e nella "strutturazione" narrativa, dei numerosissimi personaggi che animano la sua opera. I quali sono così potenti ed efficaci da un punto di vista simbolico, da essere riusciti ad entrare a far parte del nostro immaginario collettivo in modo indelebile. Mastro Geppetto, Mangiafuoco, la Fata Turchina, il Grillo Parlante, il Gatto e la Volpe e Lucignolo, solo per citarne alcuni, sono del resto nella memoria di ciascuno di noi. Non soltanto perché sono parti essenziali della storia narrata nel romanzo, ma soprattutto perché hanno la straordinaria capacità di riuscire ad evidenziare in modo mirabile i pregi ed i difetti dell'umana natura. Le vicissitudini del simpatico burattino di legno offrono inoltre all'autore l'occasione di descrivere il mondo con le sue profonde ingiustizie, i pericoli che propone, le contraddizioni che presenta. Spesso attraverso una sottile ed arguta ironia, tipicamente toscana. Il tutto per di più "condito" (come è giusto e normale che sia, trattandosi di una favola), da messaggi morali fortissimi, che emergono senza sforzo dal continuo dipanarsi di situazioni narrative che si distinguono per splendida originalità.
La storia di Pinocchio ha offerto numerose interpretazioni. C'è infatti chi individua nelle pagine del romanzo importanti riferimenti filosofici, esoterici e religiosi. Che vengono offerti alla lettura (di grandi e piccoli) attraverso uno stile semplice e diretto, un frequente utilizzo di terminologia di chiaro sapore "dialettale", e simbolismi molto efficaci. Basterebbe pensare all'immagine del naso del protagonista che si allunga ogni volta che dice una bugia, che è oramai diffusamente adoperata per descrivere una persona che si ritiene poco sincera. Tutti elementi, quelli appena descritti ed evidenziati, che senza alcun dubbio fanno, di Pinocchio, un vero e proprio capolavoro della letteratura mondiale di ogni tempo.
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