Incendio sul traghetto Tirrenia, tra i 526 passeggeri tratti in salvo a Palermo, scampati a quell’orribile esperienza, anche due cassinati. Ora parti offese per uno dei maxi processi che si instaurerà a Palermo. Le vittime, madre e figlia, residenti nel Cassinate e rappresentate dall’avvocato Angela Caprio, compariranno nel processo come parti offese di quello che anche i magistrati hanno definito ipotizzato come “disastro”: la prima udienza collegiale è stata fissata il 7 febbraio prossimo.

La ricostruzione

Madre e figlia, residenti nel Cassinate, che di quella terribile esperienza hanno ancora vividi ricordi, si sono rivolte all’avvocato Angela Caprio per costituirsi parte civile nel procedimento a carico del direttore responsabile della nave e parte dell’equipaggio, del direttore e del primo ufficiale di macchine. La giovane donna e la sua bambina, che allora aveva 3 anni, si trovarono sul traghetto Vincenzo Florio, quando le fiamme partite dal garage divorarono gran parte della nave intossicando una quarantina di persone finite in ospedale.

La donna originaria del Cassinate in viaggio con la piccola per raggiungere il marito che si trovava a Palermo per lavoro, per fortuna non riportano grossi traumi, se non una lievissima intossicazione e un comprensibile stato di choc. Ma la loro auto nel garage del traghetto attaccato per primo dal vasto rogo andò praticamente distrutta.

La tragedia

Di quella tragedia le cronache nazionali riportano dettagli inquietanti. Il “Florio”, in rotta tra Napoli e Palermo, all’altezza di Ustica, alle 3 e 30 della notte del maggio 2009, prese fuoco. Forse a causare le fiamme fu il malfunzionamento di una cella frigo di un tir. Ben 526 passeggeri furono tratti in salvo con scialuppe di salvataggio, mentre il comandante e il direttore di macchina rimasero a bordo con i vigili del fuoco.

Poi il sequestro del traghetto da parte della competente autorità giudiziaria. Per alcuni dei feriti venne deciso il trattamento con la camera iperbarica. I più piccoli vennero affidati alle cure del locale nosocomio. Per la giovane mamma cassinate e la sua bambina le condizioni vennero valutate non tali da far temere per la vita.

Parte il processo

Dopo l’incidente probatorio e l’udienza preliminare i tanti, troppi rinvii hanno rischiato di mettere l’intera vicenda sulla strada della prescrizione. Invece, con la rinnovata ipotesi di reato, ora il processo si instaurerà davanti al tribunale di Palermo in composizione collegiale. Il prossimo 7 febbraio tutte le parti coinvolte, compresa la giovane madre e la sua bambina - rappresentate dall’avvocato Angela Caprio - saranno in aula.

Sul banco degli imputati il direttore comandante della motonave “Florio” della compagnia Tirrenia, il direttore di macchine, il primo ufficiale di macchine e il responsabile dell’Ufficio tecnico. Tutti accusati a vario titolo e in cooperazione tra loro di imperizia e negligenza, responsabili secondo l’impianto accusatorio dell’aggravamento dell’incendio stesso.

Tra gli imputati spunta anche un responsabile di Gaeta

Tra gli imputati c’è anche Antonio Vendittis, classe ‘52, di Gaeta. Per lui, nella sua qualità di responsabile dell’Ufficio tecnico della Compagnia, le accuse non sono le stesse rivolte a Aurelio Oliviero, Gaetano Veniero e Pasquale Cummaro (il comandante, il primo ufficiale delle macchine e il direttore delle macchine).

«Negligenza e imperizia nell’esercizio delle rispettive funzioni e nella violazione delle relative regole di condotta per Oliviero, Cummaro e Veniero» ha sostenuto il pm nella richiesta di rinvio a giudizio. Il Vendittis, invece, nella qualità di responsabile dell’Ufficio tecnico della compagnia Tirrenia deve rispondere di un’altra ipotesi: secondo la magistratura avrebbe disposto «una ordinazione irregolare delle ventole dell’impianto anticendio non per iscritto, con dettagliata indicazione delle ventole stesse, bensì a voce e per telefono.

Così determinando che sulla motonava Florio venissero montate 5 ventole (su un totale di 16) non compatibili per tipo di elica. Tale che, insieme all’impianto anticendio, ebbe ad operare con un’efficienza ridotta di 1/3, così inficiando l’azione di spegnimento dell’incendio stesso».