Sono riusciti a raggiungere l’aeroporto di Istanbul ed a prendere il volo per l’Italia. Enrico D’Angelis, dipendente dell’Università di Cassino, e sua moglie Loredana sono rimasti bloccati nel terrore di Istanbul, costretti a vivere gli ultimi giorni in Turchia nel clima di paura e preoccupazione per il tentato colpo di Stato. Ieri mattina, come da prenotazione, hanno preso l’aereo alle 12.45 e sono poi atterrati a Fiumicino nel pomeriggio.

Dopo gli avvenimenti di venerdì notte, per tutta la giornata di sabato, l’incertezza del loro rientro è prevalsa sulla speranza. Poi, finalmente, il viaggio di ritorno a casa è divenuto realtà. Un respiro di sollievo per i familiari e gli amici che li aspettano a Formia e che, sin da quando in tv sono state trasmesse le prime immagini di quanto stava avvenendo ad Istanbul, hanno inviato messaggi di affetto, chiedendo notizie sul loro stato di salute e sul ritorno.

Forte l’emozione anche per i tanti colleghi amici di Cassino, preoccupati per la coppia intrappolata nel terrore di Isatnbul. Enrico D’Angelis, che lavora presso la segreteria del Rettorato dell’Università di Cassino, in aspettativa ha seguito la moglie in Turchia dove è stata fino all’altro ieri Direttore dei servizi generali ed amministrativi dell’Imi, istituto medi italiani. Forti le parole del dipendente dell’Ateneo cassinate subito dopo il tentato golpe.

«Per me è stata una sensazione straniante - aveva riferito Enrico - Ricevere telefonate di amici turchi che si preoccupavano di avvertirci di non uscire. Le telefonate e i messaggi dai e ai parenti e agli amici in Italia per tranquillizzarli sul nostro stato di salute. La nostra preoccupazione circa la possibilità effettiva di poter tornare definitivamente in Italia con il volo già prenotato per ieri mattina. La notte trascorsa in bianco, qualche colpo di arma da fuoco lontano e il terrificante rumore di due jet dell'aeronautica turca che per sette o otto volte hanno sorvolato Istanbul in volo radente rompendo il muro del suono». Ed ancora: «Vedere in tv le immagini dei luoghi che abbiamo frequentato in questi 22 mesi con i carri armati schierati e poi con la gente che li fronteggiava ci hanno scosso».