Anticipare i tempi rispetto ad alcune tendenze in atto; fare il punto sullo stato attuale dell'intelligenza artificiale e della realtà aumentata; costruire insieme nuove idee, progetti, soluzioni per il web e non solo. E poi, ancora: soddisfare le esigenze dei partecipanti con un evento che rispecchi le loro richieste attraverso un programma formativo di qualità". Sono queste alcune delle finalità del "Web Marketing Festival" in programma a Rimini dal 21 al 23 giugno prossimi. A parlarcene è stato Cosmano Lombardo, Chairman della manifestazione, in un'intervista a 360° che ci ha concesso.

Quali i punti di forza del ricchissimo programma allestito?

«Il suo essere variegato, frutto qual è del lungo lavoro di una commissione didattica di alto livello. Un programma che si svilupperà in 30 sale formative (che, da oggi al 21, sicuramente saliranno a 50). Avremo quindi, solo per fare alcuni esempi, le sale Digital Fashion, Digital Cube, Digital Research, Open Innovation e quella in cui si discuterà su come ottenere risultati con il digitale».

A chi è rivolto il Festival?

«Ad appassionati, ad operatori del web e del mondo dell'innovazione digitale, a quelli del marketing, ai clienti finali, a chi con il web vuole fare business ma anche a quanti non operano direttamente in esso ma sono comunque interessati ad avere servizi».

Domanda epocale: la comunicazione vive oggi una fase magmatica, di grande incertezza: cosa accadrà nei prossimi anni?

«Di sicuro c'è che si marcia spediti verso il futuro, senza possibilità di passi indietro. Il trend è quello che privilegia la produzione di contenuti di qualità. Contenuti che devono andare anche oltre le attività strettamente legate al proprio business. Insomma, non è detto che la Coca Cola debba parlare solo e sempre di se stessa… Quindi penso, anzi spero, che diminuisca l'attenzione per il personal branding e che le energie di tutti vengano destinate maggiormente alla realizzazione di quei contenuti di spessore che possono fare la differenza. E ciò, a mio avviso, deve coniugarsi con una crescente responsabilità dei singoli verso ciò che si pubblica sul web, sui social in particolare».

A proposito di mondo web: sarebbe auspicabile una sua maggiore disciplina, che tuteli chi opera con serietà e dispendio di energie, e penalizzi chi, invece, specula, fa sciacallaggio, vivendo alle spalle di altri…

«Pienamente d'accordo. Oggi purtroppo non esiste alcuna forma efficace di regolamentazione: parlarne è facile ma, considerate le caratteristiche del mondo web, intervenire è molto difficile. Si torna perciò al concetto di responsabilità, che grava, attenzione, non su soggetti astratti ma su ognuno di noi ogni volta che entriamo in un social o sul web: ognuno deve segnalare i "siti sciacalli" e prestare la massima attenzione al singolo contenuto che pubblica».

Inevitabilmente qui si inserisce il discorso delle fake news: com'è nato questo fenomeno e perché? Ma soprattutto: come è possibile difendersene e come si può debellare?

«Il fenomeno, in realtà, c'è sempre stato. È esploso negli ultimi tempi per via dell'impatto che ha avuto sulle elezioni politiche di alcune nazioni, basti pensare agli Stati Uniti e alla stessa Italia. Tutti adesso hanno capito che le fake news, proliferate grazie soprattutto ai social, possono influenzare i risultati elettorali con esiti anche drammatici e comunque falsando la realtà e il vero pensiero dei cittadini. In molti hanno tentato di contrastarle: ci ha provato Google, i grossi player potrebbero e possono dire la loro, Facebook pure ha tentato qualcosa ma lo ha fatto in modo meno incisivo laddove dovrebbe adottare politiche più severe visto che è proprio nel suo ambiente che le fake news attecchiscono di più. E poi i quotidiani, che a mio avviso, specie nella fase iniziale, hanno avuto una grande responsabilità avendo riportato tante, troppe fake news. Ora occorrono regole ferree, in tempi stretti. E di nuovo l'obiettivo torna sulla responsabilità personale: anni fa era difficile verificare le fonti, oggi individuare una "bufala" è più facile. E allora, prima di fare click su un link cerchiamo di capire di cosa si tratta. A livello europeo, intanto, una commissione di 39 esperti ha creato un focus group per cercare soluzioni. Nel WMF abbiamo creato una sezione – "Fake news hackathon" – dove si parlerà del problema».

Il web, oggi, è davvero remunerativo?

«Sicuramente lo è, ma deve essere usato bene, senza improvvisazione. Non esiste un modello unico, non c'è la ricetta del successo. Ogni caso va studiato a sé ed occorre sperimentare molto»

I "nativi digitali", ragazzi nati con il cellulare e il pc incorporati, sono davvero una risorsa per chi opera nel web? A guardare le loro attività preferite sembrano più interessati a fenomeni forse periferici della comunicazione quali i fashion blogger, gli youtuber, gli influencer e molto meno, o affatto, ai canali tradizionali e più seri...

«Sono d'accordo con la tale analisi e questo è il cuore del nostro evento: vogliamo capire come usare il digitale per influenzare positivamente il sociale. Purtroppo mancano, e continuano a mancare, lo Stato, le scuole, le agenzie educative, la famiglia. Che, fin dalle elementari, dovrebbero insegnare ai "nativi digitali" come usare al meglio il potentissimo strumento che hanno nelle mani. Se non si inverte la tendenza attuale la "deriva ludica" sarà sempre più marcata, con effetti devastanti per tutta la società».

Molti giornalisti ancora in attività provengono dal mondo dei fax in carta chimica e degli articoli dettati al telefono e fanno fatica ad acquisire una mentalità web: che fine faranno?

«In realtà, questi colleghi avrebbero un ruolo fondamentale: dovrebbero essere loro a raccontare ai giovani la fatica e la passione nella costruzione di una notizia, elemento che oggi manca quasi del tutto. Concretamente dovrebbero formarsi ai nuovi strumenti, altrimenti rischiano di essere tagliati fuori e sparire».

E il futuro della carta?

«Secondo me non ci sarà mai il funerale della carta, sebbene vendite e ricavi siano in ribasso. Lo credo e lo spero: un libro e un giornale saranno sempre un libro e un giornale. Con i loro odori e le loro proprietà organolettiche che il web non avrà mai»