La brochure del progetto era decisamente accattivante, nei colori, nel contenuto e nell'idea grafica. Le parole spese dal numero uno dell'Asi De Angelis e dall'assessore regionale Buschini, in sede di presentazione del bando, sono state pure convincenti. Il prezzo di un sito produttivo che per anni, dopo la sua nascita nel 1968, ha rappresentato la seconda fabbrica del Lazio, con una storia legata a doppio filo con quella della televisione italiana, neanche troppo proibitivo e comunque stabilito con una perizia giurata del professor Pierpaolo Balbo di Vinadio.
Eppure l'ex Videocolor prima, ex Videocon ora, non ha fatto gola a nessuno. Non un investitore privato, non una società o consorzio, nemmeno un'associazione temporanea di imprese. Figuriamoci una multinazionale.
Il bando di reindustrializzazione del comparto industriale anagnino è andato deserto. E quello di ieri, 7 novembre, giorno in cui si sarebbero dovuti aprire i plichi con le offerte e con una cauzione provvisoria di 796.063,668 euro (il 10% dell'importo a base d'asta), si è rivelato un altro duro colpo per la Ciociaria economica, industriale e occupazionale in cui nessuno (difficile darne un'altra lettura) crede più tanto. Non investe. E pensare che l'unico vincolo, posto dall'articolo 63 della legge 448/98 sulla reindustrializzazione dei siti dismessi (quella che, successivamente, sarebbe stata applicata anche ad altre strutture del territorio), è la produzione. Oltre alle norme del piano regolatore territoriale. Cluster di piccole e grandi aziende (chimico-farmaceutico, aerospaziale), smart factory con la possibilità di insediamenti industriali 4.0, capitale umano e qualità della vita non hanno convinto proprio nessuno sulla bontà dell'operazione. Nonostante la posizione baricentrica dell'area rispetto alla penisola (a metà strada tra Roma e Napoli) e logistica, con la vicinanza dell'autostrada A1, il collegamento attraverso la statale Casilina e la ferrovia Roma-Cassino.
Mezzogiorno di fuoco e doccia gelata anche per il presidente del Consorzio Asi, Francesco De Angelis che, già la prossima settimana, riunirà il Consiglio di Amministrazione per decidere come procedere. La palla torna all'Asi.
«L'ipotesi più probabile – fa sapere – è quella di ripresentare il bando con una riduzione del prezzo, che sarà deciso, all'interno del Cda, sulla base delle normative vigenti in materia di aste pubbliche».
Una percentuale che potrebbe, grosso modo, aggirarsi tra il 5 e il 10%. Alla domanda sul perché non siano state presentate offerte, De Angelis risponde: «Non lo so. Eppure manifestazioni d'interesse ci sono state. Poi, certo, sono le imprese e il mercato ad avere l'ultima parola. Per me resta un sito appetibile, dal punto di vista industriale ma anche per la sua collocazione strategica. Un sito certamente molto impegnativo perché grande, questo sì, ma noi andiamo avanti con l'obiettivo che è quello della reindustrializzazione»