La grande sete sta mettendo in ginocchio l'agricoltura laziale. Secondo il dossier Coldiretti, presentato all'assemblea annuale, i danni superano i 100 milioni di euro. E la cifra è arrotondata per difetto. La perdita dei raccolti, le spese di gasolio e corrente per irrigare, il dimezzamento di mais e foraggio destinati all'alimentazione del bestiame sono tutti fattori che pesano come macigni sul settore. Il Lazio è tra le regioni che hanno chiesto lo stato di calamità.

In provincia di Frosinone la situazione è altrettanto pesante. Mercoledì sera a Ferentino si è tenuta l'assemblea provinciale della federazione ciociara di Coldiretti per fare il punto della situazione sull'emergenza siccità. L'allarme rosso è già scattato, ma il combinato disposto tra caldo torrido e mancanza d'acqua sta aggravando il quadro. In ogni caso Coldiretti non si arrende e rimane in trincea.

In tutta la Ciociaria si coltiva mais per alimentare gli animali, soprattutto le mucche. Al momento la siccità ha determinato perdite del 30% del raccolto, peraltro già danneggiato dalle incursioni dei cinghiali. Tanto per avere un'idea: una perdita del 30% per ettaro di mais, sia per le temperature anomale rispetto al periodo che per la ridotta disponibilità di acqua a causa del progressivo depauperamento delle falde, comporta al produttore un danno quantificabile tra i 400 e i 500 euro.

Gli allevatori coltivano mais per accumulare le scorte invernali. Peraltro, meno scorte si fanno, più si è costretti poi ad acquistare sul mercato, con un inevitabile aggravio di costi sul bilancio aziendale. Per quanto concerne la produzione di ortaggi e verdure nel sud della provincia, non vengono segnalati grandi problemi dove non è mancata acqua per irrigare. Tranne in alcune zone però. Come Castrocielo, per esempio, dove il bacino di Capodacqua è in sofferenza già dai primi di giugno. In questo caso alcuni agricoltori della zona hanno rinunciato a seminare. In determinati casi peperoni, melanzane, zucchine e pomodori sono di dimensioni più piccole della media perché "stressati" dal grande caldo.

In ogni caso le previsioni, proprio a causa della crescita non ottimale delle piante, fanno prevedere un calo di produzione tra il 20% e il 30%. Ma se dovesse continuare a non piovere, allora potrebbero insorgere problemi di tenuta delle coltivazioni e a quel punto i danni sarebbero inevitabilmente maggiori. Le piantagioni di tabacco sono fiorenti, si è riuscito ovunque ad irrigare. Pure in tal caso, però, il perdurare della siccità potrebbe comportare dei problemi.

La stagione si presenta difficile per gli uliveti: i raccolti saranno lontani dai numeri delle stagioni migliori. Sarà comunque assicurato un extravergine di elevata qualità. I numeri però dovrebbe stabilizzarsi sui livelli dello scorso anno, dunque con una perdita (rispetto all'u ltima buona stagione, quella di tre anni fa) del 40%, anche del 50%. Se la siccità dovesse prolungarsi, potrebbe esserci in qualche caso la penalizzazione del raccolto. Ma va detto che l'ulivo è una pianta forte, gli basta un poco di umidità per recuperare energie e capacità vegetativa.

Situazione sotto controllo per i vigneti e la viticoltura. Si annunciano vini di qualità e un anticipo della vendemmia. Al momento il settore produttivo più colpito dal caldo africano e dalla siccità è quello zootecnico. Gli allevamenti sono provati dal calore, le mucche producono meno latte, con un calo stabilizzato intorno al 15%, anche 20%. Inoltre gli allevatori dovranno ricomprare sul mercato il mais e il fieno bruciato dalla siccità. L'acqua è fondamentale e bisogna tenere presente che un bovino in estate beve dai 50 ai 70 litri di acqua al giorno. Cifre che, da sole, danno la dimensione della crisi.