Il "pensionamento" del vecchio stadio Comunale in tanti l'avevano pensato diverso. L'ultima gara ufficiale del Frosinone al Matusa, nell'immaginario collettivo, avrebbe dovuto rappresentare l'apoteosi. Il ritorno in serie A e l'ultima al Comunale sembravano un finale scontato. Ma così non è stato.

L'inaspettata e, per certi versi, incredibile sconfitta dei canarini (in undici contro nove) contro il Carpi è di per sé una sconfitta per tutti. Per il club, per i tifosi, per la città. Insomma per tutto ciò che ruota intorno a una squadra di serie A e al suo appeal, decisamente maggiore rispetto alla B. Un conto è giocare contro Juventus, Roma, Napoli, Milan, Inter, Lazio e compagnia, un altro è farlo ancora con Pro Vercelli, Entella, Novara e Cittadella, con tutto il rispetto per queste formazioni.

Già ieri, la "perdita di chance" si è notata. Intorno allo stadio bar e pizzerie sono apparsi vuoti dopo il match: nessuno aveva voglia di festeggiare. In tempi in cui la crisi ancora morde l'economia provinciale, l'opportunità di avere una squadra in serie A poteva significare la sopravvivenza per molte attività. Se è vero, infatti, che, per ragioni di sicurezza, le tifoserie ospiti vengono fatte confluire nell'area Permaflex e da lì indirizzate direttamente allo stadio, c'è tutta una serie di attività che vive per le partite. Tifosi che si muovono in anticipo per pranzare, prendere un aperitivo o un pezzo di pizza saranno sicuramente meno in serie B.

Come meno saranno anche gli agenti di sicurezza che devono garantire l'ordine pubblico e che, nei momenti di pausa, anche loro si concedono un caffè. Per non parlare di quei tifosi vip che seguono le grandi squadre. Ma non solo. Attivato per la prima volta un percorso virtuoso per lo stadio di proprietà e tutta una serie di attività commerciali che ruotano attorno ad esso, ora la mancata promozione se non arrestare, di certo rallenterà il tutto.

È evidente a tutti che riempire uno stadio nuovo da sedicimila posti in serie B sarà molto più complicato. Gli abbonamenti non schizzeranno verso l'alto, ma anzi il rischio è che caleranno sensibilmente. La perdita economica non è solo per il club in termini di diminuzione di diritti televisivi (in serie A nel 2016 erano valsi 20,1 milioni di euro), di abbonamenti, di presenze sugli spalti, di marketing.

Perderanno le attività commerciali, gli alberghi che ricevono le squadre (in serie B il personale al seguito sarà inferiore) e i tifosi al seguito che magari decidono di fermarsi una notte. Uno stadio da 16.000 posti per la serie B sembra quasi troppo per una realtà, come quella frusinate, abituata confrontarsi con un impianto da 10.000. Se al "Benito Stirpe" il settore ospite sarà meno capiente rispetto al Comunale, è facile pensare che, con le grandi squadre, si poteva aprire a un numero maggiore di sostenitori forestieri.

Anche per questo è il caso di calibrare la città allo stadio e viceversa. La gente, con il passare del tempo, smaltita la delusione inizierà a riempire anche il nuovo Casaleno. Un po' per curiosità, un po' per convinzione. Del resto la serie B, in un panorama economico depresso, per una città abituata a stare agli ultimi posti nelle classifiche per la qualità della vita, deve essere considerato non un punto di partenza, ma un punto d'arrivo. Del resto dalla B mancano, per ora, realtà importanti come Trieste, Livorno, Taranto, Lecce, Catania, Reggio Calabria, Ancona, Varese, Trento, Padova e via dicendo.

Risveglio da incubo per il capoluogo

Il risveglio, per chi è riuscito ad addormentarsi, è stato da incubo: il sogno di tornare in serie A è svanito, il Frosinone resta in B. Hai voglia a strabuzzare gli occhi e a pizzicarti: la realtà è amarissima. E non cambierà. Impossibile adesso metabolizzare la delusione. Non solo sportiva.

Ora è vero che "il calcio ha le sue ragioni che la ragione non conosce", ma la frittata è stata fatta. E anche grossa. Un conto sarebbe stato ospitare nel nuovo stadio la Juventus, l'Inter, il Milan, la Roma, la Lazio, il Napoli. Altro discorso è rimanere tra i cadetti. Anche sul versante dell'indotto, delle possibilità, degli scenari, delle opportunità.

Preveniamo l'obiezione: la volta scorsa la città non ha avuto il ritorno sperato. Beh, intanto l'esperienza, che è la somma degli errori commessi, qualcosa conta. E poi con un impianto all'avanguardia da 16.000 posti il punto di partenza sarebbe stato decisamente diverso. Per l'effetto novità, per l'entusiasmo, per la capacità di attrazione di un capoluogo che ha riscoperto l'orgoglio soltanto nel calcio. Un miracolo sportivo che stavolta non si è ripetuto. Poteva essere tutto diverso: attività di ristorazione, eventi, programmazione. Poteva essere tutto diverso anche sul piano del ritorno di immagine: la serie A è un catalizzatore enorme per chiunque, anche sul piano della comunicazione, della pubblicità, della promozione, del marketing.

Stesso risveglio da incubo anche per la classe politica, impegnata nel rush finale di una campagna elettorale al veleno. Vuoi mettere essere il sindaco di una città che ha una squadra in serie A? Eppure fino a poche ore fa la polemica politica era divampata anche sul tema del nuovo stadio. Per le visite degli studenti, per il contributo del Comune, per tutto. Quasi normale che adesso il passaparola sia unico: basta con le polemiche, superiamo il lutto sportivo e rinnoviamo la fiducia alla società del presidente Maurizio Stirpe. Lo dicono tutti: da Nicola Ottaviani a Fabrizio Cristofari, senza dimenticare Stefano Pizzutelli.

In realtà la politica sta cercando di capire se potrà esserci un effetto stadio su questo finale di campagna elettorale, se la delusione sportiva potrà avere un "peso" nelle urne oppure no. Gli equilibri sono delicati e nessuno può permettersi neppure un passo falso. Perciò prevale la cautela. Anche perché tutti davano per scontata la promozione in serie A, facendo i conti senza il... Carpi.

Fabrizio Cristofari, candidato sindaco del centrosinistra, dice: «Basta polemiche sullo stadio e basta strumentalizzazioni. C'è una grande delusione, ma questo è il momento di sostenere ancora di più il Frosinone e il presidente Maurizio Stirpe». Il sindaco Nicola Ottaviani parla di «critica assolutamente doverosa da parte dei ragazzi della Curva Nord, all'indirizzo di una compagine sportiva, quella scesa in campo, che aveva dimenticato come, oltre alla tecnica, in certi momenti, è essenziale quella sana fame e rabbia agonistica che fa la differenza». Poi aggiunge: «Ma i nostri ragazzi della Curva Nord sono stati puntuali nel saper distinguere il profilo tecnico da quello societario, avendo sottolineato, con gli applausi, la gestione di primissimo piano nazionale, operata dal patron Stirpe e dalla sua famiglia che, da anni, investono nello sport del capoluogo». Quindi Ottaviani sottolinea: «Con questa nuova mentalità, presente a Frosinone nel corso degli ultimi anni, il profilo sportivo e infrastrutturale hanno viaggiato sempre in parallelo, ma verso la stessa direzione, ragion per cui il nuovo stadio, frutto della collaborazione tra pubblico e privato, permetterà, in futuro, a questa macchina gigantesca del calcio cittadino di continuare a muovere passi con i piedi di granito». Il nuovo stadio è in via di completamento, ma nessuno si nasconde dietro un dito: è stato pensato e costruito per la serie A.