Pur non essendo tra le uscite primarie, anche le amministrazioni locali contribuiscono al funzionamento del sistema scolastico: con servizi alle famiglie e la manutenzione delle strutture di proprietà. Vediamo quanto vale questo capitolo del bilancio nelle maggiori città italiane.

In generale far funzionare e organizzare il sistema educativo è una prerogativa statale, e i comuni non hanno competenza specifica sulle spese per l’istruzione, a eccezione di quelle per gli asili nido, che però rientrano tra quelle sociali e non tra quelle scolastiche. Tuttavia anche gli enti locali dedicano una parte dei loro bilanci all’istruzione pubblica, sia per le scuole dell’infanzia, sia per quelle dell’obbligo. In due modi: con le spese per mantenere, ristrutturare e costruire gli edifici scolastici, specie quando questi sono di proprietà dell’ente locale; attraverso l’erogazione di una serie di servizi, come la mensa, lo scuolabus, ma anche l’organizzazione di campi estivi, doposcuola, manifestazioni e tornei locali. L’insieme di queste attività va a comporre la spesa scolastica municipale.

Attraverso openbilanci.it, si possono verificare, Comune per Comune, quanto spendono gli enti locali italiani in questo settore. La voce istruzione presente sulla piattaforma comprende proprio queste voci, dalle spese per le strutture, al personale, ai servizi scolastici. Se si osserva la classifica di quanto hanno speso le città con oltre 200.000 abitanti nel 2014 (ovverosia in relazione all’ultimo bilancio presente in forma completa), emerge che a destinare la cifra maggiore all’istruzione è Milano con oltre 240 euro per ogni residente. Dopo il capoluogo lombardo ci sono 6 comuni che spendono somme comprese tra i 150 e i 200 euro pro capite, nell’ordine: Bologna, Verona, Torino, Trieste, Roma e Firenze. A Genova, Catania e Venezia vengono spesi tra 100 e 150 euro per ogni residente. La città etnea è l’unica grande città del Sud a superare la soglia dei 100 euro. Bari, Napoli e Palermo infatti si trovano agli ultimi posti della classifica, insieme a Padova, penultima con circa 73 euro per abitante.

E nel Lazio la situazione come è? Tra i capoluoghi di provincia la posizione migliore è occupata da Roma che si piazza al 33º posto con 169 euro spesi per ogni residente. Medaglia d’argento virtuale per Frosinone (72º posto assoluto) con 123 euro spesi pro capite per residente per servizi alle famiglie nella scuola e la manutenzione delle strutture di proprietà. A distanza siderale seguono Latina (262ª su 360 con 61 euro), Viterbo (276ª con 57 euro) e Rieti (288ª con 53 euro). L’amministrazione comunale che spende più di tutti è Torricella in Sabina, in provincia di Rieti, con 563 euro. Seconda è Fiamignano (Rieti) con 362 euro e terza Campoli Appennino con 305 ad abitante.

Nella top ten regionale figurano altri Comuni della provincia di Frosinone come Coreno Ausonio (4ª con 298 euro), Alvito (8ª con 260 euro) e San Biagio Saracinisco (10ª con 254 euro). Bene anche Giuliano di Roma (11ª con 242 euro) e Castelliri (16ª con 219 euro). A parte il capoluogo, arrancano gli altri grandi centri della provincia di Frosinone. Anagni si piazza a metà classifica (153ª) con 87 euro. Molto più indietro Veroli (224ª su 360) con 69 euro, Sora 244ª con 66 euro a residente, Ceccano 256ª con 61 euro, Alatri 277ª con 57 euro, Cassino 284ª con 54 euro e Ferentino, ultima tra i grandi centri ciociari, 305ª su 360 con 46 euro spesi per ogni residente in istruzione. Ultime in graduatoria sono Marcatelli (Rieti) e Collegiove (Rieti) con zero euro e Acquafondata che va ad occupare la terzultima piazza con 8 euro pro capite ad abitante per spese di istruzione.