Vede approssimarsi il traguardo del secolo di vita, ma di guardarsi indietro non ha alcuna intenzione. D'altronde non lo ha mai fatto. La sua straordinaria vitalità viene proprio da lì: «Mi comporto come se avessi ancora tanti anni di vita davanti». Il professor Delfo Faroni, fondatore e patron del Gruppo Ini, non ha perso un briciolo della sua proverbiale verve, spesso anche polemica e provocatoria. È la sua forza, che gli deriva dal carattere battagliero. Il prossimo 8 agosto compirà cent'anni. Lo abbiamo intervistato.

Professore, una vita spesa per la medicina. Perché?
«Da bambino tutti mi chiedevano che cosa avrei fatto da grande. E io rispondevo: il dottore. Sono il primo medico della mia famiglia. Ho amato la medicina come si può amare una donna, (sua moglie Nadia che gli sta accanto annuisce, ndr), con il rispetto e la devozione che si deve avere per il malato».

Ma in questi anni la medicina è cambiata parecchio.
«Bisogna distinguere tra la vecchia sanità mutualistica o di quella regionale di oggi. Io preferivo quella di prima.
All'epoca delle mutue c'erano più pregi che difetti, ora è il contrario».

La sua storia professionale e imprenditoriale è segnata dall'innovazione. È questa la chiave del successo?
«Sono stato sempre attento al progresso della medicina. La prima mia intuizione, forse la più importante, fu quella del litotritore per i calcoli renali.
E poi quella che ho captato in Germania sulle forme di tendinopatia, fasciti, borsiti e relative terapie, indolori e molto efficaci».

Ha un consiglio da dare ai giovani medici?
«Il mio approccio è stato sempre quello di considerare non la malattia ma la persona malata nella sua interezza. Questo è il mio consiglio. E poi di lavorare con onestà dedicandosi interamente ai pazienti».

Si dice che i medici di una volta erano migliori. È vero?
«I vecchi medici condotti erano veramente dei fenomeni. Sapevano fare un po'di tutto, anche gli psicologi. Erano molto preparati, conoscevano bene la semeiotica, non spedivano subito il paziente in ospedale. Oggi, purtroppo, questa capacità si è persa».

Ma anche il paziente è cambiato in questi anni...
«È cambiata la cultura in generale. La stampa e internet aiutano in questo. Il malato spesso arriva al cospetto del medico con domande precise sulla terapia, insomma imbecca il medico».

Il segreto della sua longevità?
«Non mai bevuto alcolici, mai fumato, niente stravizi, ho lavorato con dedizione e passione, ho fatto una vita normalissima e ho sempre pensato al futuro dei figli.
La mia ricetta è semplicemente questa».