Lo aveva detto e l’ha fatto. Lunedì scorso M. ha dato vita ad una protesta dai tratti drammatici e dolorosi, quando in occasione dell’assemblea cittadina convocata nel salone del consiglio per discutere del bilancio di previsione del Comune di Fiuggi si è presentato con una a mascherina sulla bocca, di quelle che usano i chirurghi, a simboleggiare che non vi sono più parole per rappresentare il suo dramma, con al fianco un cartellone di denuncia contro l’amministrazione comunale con sopra scritto: «Sono stufo di vivere in una città in costante attesa che accadano miracoli, dove vengono trovati soldi per tutto meno che per i disabili».

E ancora: «Disabili: 29 anni di attività di sostegno a Subiaco, 27 ad Alatri, zero a Fiuggi ed abbandonati al loro destino in questa indifferenza che uccide ed esclude i disabili dalla vita». Infine: «Con le terme e la città nel degrado più totale, un popolo umiliato ed i disabili se possibile anche peggio, alla giunta comunale non resta altro da fare che andare a casa».

Questo il grido di dolore di un padre, lo stesso di cui ci siamo occupati nei giorni scorsi, costretto a licenziarsi dal posto di lavoro per aiutare la moglie che, nonostante le amorevoli cure, non riesce a gestire le problematiche connesse a due ragazzi meravigliosi diversamente abili. È il dramma di un’intera città sfasciata, dove a pagare per i buchi in bilancio come sempre sono le fasce sociali più deboli.

Dove davanti a chi ha scelto di occuparsi di servizi sociali si staglia un bivio obbligato: da una parte le soluzioni a questi problemi, senza se e se ma, perché davanti a drammi del genere ce ne strafreghiamo della burocrazia e della assenza di risorse economiche, si tolgano subito le indennità di assessori o i gettoni di presenza perché immeritati, oppure si facciano da parte e subito lasciando spazio ad altri in grado di trovare le soluzioni necessarie. Perché si può discutere su tutto, terme, imbottigliamento, crisi economica e compagnia cantando, sulla pelle dei diversamente abili no.