"Il vasto territorio dellâex deposito militare di Anagni rappresenta un unicum con straordinarie potenzialità . Pur non essendo un sito ambientale di particolare pregio, è unâarea che, oltre a costituire sulla mappa una felice finestra verde in una valle notoriamente grigia e afflitta da problemi post-industriali, detiene, analogamente a âLa Selvaâ di Paliano (anchâessa oggi clamorosamente trascurata dalla Regione Lazio), tutte le carte in regola per svolgere la funzione di polo di aggregazione ricreativo-culturale-naturalistico per la popolazione. Limitrofa alla stazione di Anagni, potrebbe essere facilmente raggiunta da un bacino dâutenza molto ampio.
Vi si potrebbero realizzare piste ciclabili e percorsi pedonali didattici, naturalistici e sportivi. Parte delle infrastrutture ex militari, che occupano modeste cubature, potrebbero essere valorizzate in termini di stand educativi, anche di archeologia industriale. Si potrebbero inoltre sollecitare presenze culturali e di ricerca di varia tipologia, universitaria, associazionistica, ecc. Organizzare eventi e spettacoli open air, cinematografici, teatrali, musicali. E molto altro. Adattando al contesto territoriale il âmodello Ruhrâ, investimenti piuttosto contenuti potrebbero porre le premesse di un significativo ritorno economico, attraverso concessioni sportive, ricreative e commerciali di parte dellâarea (entro un disegno complessivo che resterebbe di competenza del regista comunale, ente proprietario) con strutture del tutto eco-compatibili (in legno, smontabili, ecc.) o ripristinanti parte delle modeste cubature esistenti, nonché consentire la creazione di un numero significativo di posti di lavoro âverdiâ.Â
Per conseguire questo obiettivo, lâAmministrazione comunale potrebbe, coerentemente con quanto dichiarato ai tempi della campagna elettorale, promuovere âbandi delle ideeâ, attivando percorsi orientati, attraverso la Regione Lazio, allâaccesso ai finanziamenti europei. LâAmministrazione pare invece decisamente intenzionata a concludere nel modo peggiore lâiter avviato dalle Amministrazioni precedenti: esercizio del diritto di prelazione per lâacquisto dellâarea dal Demanio, in virtù della Delibera di Consiglio comunale n. 23 del 05.11.09; diritto di proprietà con atto n. 4686 del 25.11.2010. Lâacquisto di unâarea così ampia per soli 6 milioni di euro è stato, allora, un grande affare per la comunità anagnina.Â
Va detto che la successiva Delibera Comunale n. 308 dellâ8.11.2013, di pregressa responsabilità , predisponeva un avviso pubblico per la concessione dellâarea, in diritto di superficie (semplificando, un diritto molto forte, assimilabile alla nuda proprietà ), per la realizzazione di un polo attrattivo di rilievo internazionale con finalità turistiche, ricettive, commerciali, sociali, ricreative, sportive e, comunque, con profili di pubblica utilità . Già qui si potevano scorgere dei gravi pericoli. La scelta dellâattuale Amministrazione comunale di passare addirittura alla vendita dellâarea ci sembra gravissima e del tutto insensata. In primo luogo perché aliena un patrimonio pubblico. In secondo luogo perché dimostra di non averlo saputo valorizzare. La congiuntura economica non è certo rosea, i 300.000 euro di rata annua per il mutuo pesano sulle casse comunali. Ma pensare di (s)vendere questo patrimonio pubblico sembra unâoperazione terribilmente miope.Â
La Delibera GC 55/2016 sembra nascere da un totale vuoto di idee e di energie di fronte a uno dei temi più importanti per il futuro della collettività . Per di più, rappresenta una sorta di parodia delle succitate dichiarazioni elettorali. La Delibera attiva un âavviso pubblico esplorativoâ che, pur non vincolante per lâente, è propedeutico alla partecipazione dei rispondenti al successivo avviso pubblico di vendita. Il Comune valuta manifestazioni di interesse allâacquisto corredate da progetti compatibili con selezionate destinazioni dâuso (tutte quelle citate in precedenza, con lâaggiunta di âterziarioâ, âdirezionaleâ, ânaturalisticoâ, âdidatticoâ, âespositivoâ, âagricoloâ, âcongressualeâ, âinnovazione tecnologicaâ; questâultima, in particolare, di assai ambigua interpretazione), da realizzarsi con strutture eco-compatibili e nel rispetto dei valori paesaggistici. Sul nuovo proprietario ricadono tutti gli oneri di eventuali bonifiche (grave che il Comune in questi anni non sia stato in grado di avviare caratterizzazioni ambientali per prefigurarne lâeffettiva necessità o meno). Tramite variante urbanistica, lâarea acquisirà una destinazione urbanistica compatibile con la proposta che il Comune riterrà più vantaggiosa.
Dietro il fumo, ci sembra di scorgere una sola certezza: si pongono le premesse per la VENDITA DI UNâAREA PUBBLICA ANCORA PRIVA DI DESTINAZIONE URBANISTICA. Cosa impedisce che il futuro proprietario possa decidere, in seguito, di valorizzare lâarea in base a nuove destinazioni dâuso, la cui approvazione potrebbe avere la pazienza di attendere? Altri impellenti interrogativi sorgono spontanei. Ci saranno rispondenti in grado di proporre progetti per acquistare lâarea in blocco affrontando il valore catastale di 12 milioni di euro, o lâavviso esplorativo cadrà nel vuoto? Oppure câè qualcuno che ha già fiutato un lucroso affare ed è pronto ad approfittare di questa svendita di patrimonio pubblico? Perché non si è voluto puntare su tanti piccoli progetti nascenti âdal bassoâ e si vuole privilegiare un macrosoggetto âpigliatuttoâ? Se proprio si voleva vendere lâarea per soddisfare le esigenze di bilancio, perché non ci si è limitati a cederne una porzione circoscritta?Â
Chiediamo dunque allâAmministrazione comunale di acquisire consapevolezza del gravissimo errore che rischia di commettere e di avviare, a partire dal Consiglio comunale del 18 marzo 2016, un iter credibile per la valorizzazione di unâarea pubblica dotata di grandi potenzialità , mantenendone la proprietà ".