Un fumetto sulla storia che ha cambiato il corso dell'umanità. È quello presentato alcuni giorni fa ad Arce dal maestro pittore Alberto Pelagalli. Un libro particolare che nel giro di poco è già un grande successo che sembra, incredibilmente, piacere a tutti. Piace agli appassionati di fumetto. Piace perché racconta la storia delle storie, avvenuta quasi duemila anni fa a Gerusalemme. Piace perché nel dramma della passione di Gesù Nazareth, ci sono i volti delle oltre cinquecento comparse che in quarant'anni hanno interpretato e animato il venerdì santo di Arce, manifestazione popolare tra le più importanti d'Itala.

Maestro Pelagalli, ma com'è nata l'idea di fare un libro a fumetti sulla Passione Vivente di Arce?

«L'idea del libro è maturata circa due anni fa. Ho sempre amato, fin da ragazzo, il fumetto, consolidando nel tempo la consapevolezza che è un mezzo di comunicazione decisamente efficace e immediato, posto a metà strada tra letteratura e cinema, che sfrutta la forza delle immagini e il loro rapporto con il testo. Un giorno, proprio mentre rivedevo un filmato dell'evento, ho sentito il forte desiderio di rappresentarla graficamente attraverso proprio il linguaggio del fumetto».

Che tipo di tecnica è stata usata per la realizzazione?

«La tecnica del fumetto è una forma d'arte che unisce le regole della scrittura a quelle del disegno e le impiega per numerosi scopi come quello di narrare, divertire, spaventare, inventare o commuovere. I diversi scopi hanno poi creato i generi che possono andare da l l'horror al comico, dal giallo al rosa e così via. In questo caso il fumetto interpreta una storia che ha cambiato profondamente il corso dell'umanità. Volutamente ho scelto di realizzare il fumetto completamente in bianco e nero. Le parti lasciate in bianco servono da contrasto alle esigenze di trasmettere un senso di armonia, oppure a suggerire un momento disteso o un'azione da parte del personaggio. Il tratto scelto, invece, è quello che mi ha sempre caratterizzato: forte e deciso. Ho utilizzato le penne "Rapido graph" che, come dal significato del nome, sono "penne rapide", dal segno sempre preciso, uniforme e continuo».

Quali sono stati i tempi e i luoghi del lavoro?

«È difficile quantificare il tempo impiegato in maniera esatta, in ballo ci sono tantissimi fattori. Comunque posso dire di aver impiegato circa un anno. L'intero lavoro l'ho svolto nel mio studio, in solitudine, come di solito preferisco lavorare».

Sappiamo che lei è stato uno dei protagonisti principali del Venerdì Santo di Arce. Quale delle tavole l'ha coinvolta emotivamente di più e perché?

«Il personaggio che interpretavo è Barabba, il famoso rivoltoso che si opponeva al potere di Roma e che fu preferito dalla folla a Gesù. E proprio su questa scelta che il personaggio ti induce inevitabilmente a porti delle domande che, a prescindere dalla propria fede, ti mettono in discussione. Tra le tavole che mi hanno colpito nell'animo, c'è quella in cui la madre di Gesù vede morire il proprio figlio. In una vignetta ho disegnato il volto di Maria straziato e nel balloon ho riportato le testuali parole: "Che prova terribile per una madre vedere morto il proprio figlio, non ci può essere dolore più grande". Il motivo è facilmente intuibile essendo anch'io genitore e in questo periodo che i mass media ci raccontano purtroppo di orribili avvenimenti, il mio pensiero va sempre alla famiglia».

Lei pensa che presto la Passione di Arce possa essere riproposta?

«Personalmente me lo auguro. Il venerdì santo senza questo grande evento non è più lo stesso».