Fabrizio Sparta, frusinate, classe '73, songwriter e scrittore con tre libri all'attivo. Il passaggio dalla scrittura per gli occhi a quella per l'udito è stato naturale. Corso quindi al Cet di Mogol, dove sono nate amicizie e collaborazioni. Si definisce un «autore di testi puro».

VersiInversi, il tuo primo cd. Perché veicolarlo su Musicraiser?
«Ho raccolto, in un doppio cd, ventiquattro canzoni scritte negli anni, alcune inedite altre già uscite sui digital. Il primo, "QuestoVerso", con canzoni più commerciali, il secondo, "OltreVerso", con quelle più autorali e inedite. Ho scelto di veicolarlo su Musicraiser per fare crowdfunding, ma soprattutto per promuoverlo su un canale che dà molta visibiltà».

Sei il direttore esecutivo dell'etichetta indipendente Sottotetto Records. Perché questo nome?
«Siamo in due, io e Stefano Iuso, di Torino, che è il direttore artistico. Ci siamo conosciuti al Cet. Entrambi scriviamo canzoni in un sottotetto, un ambiente-rifugio. La nostra etichetta è un po' un rifugio per gli artisti lontani dalla majors».

Perché nasce? Per gli artisti del territorio?
«Nasce soprattutto per noi stessi, per fare le nostre canzoni e per chi reputiamo abbia un valore e si avvicini alla nostra filosofia. No, non c'è un discorso di territorialità».

Gli artisti che avete?
«Un gruppo di Milano, i Cocida (per i quali hanno prodotto "L'illusione", già su digital e cd, ndr) Marco Ferazzi e Monicavitti che stanno per uscire con un disco, Angelo Fabrizio di Termoli, Big Roma un rapper. Siamo pochi, ma buoni e stiamo crescendo».

Cosa serve per produrre in proprio?
«Oltre ai soldi, le tre "p": passione, perseveranza e pazienza. E crederci sempre».

Come scegli chi pubblicare?
«Attenta selezione tra quanto ci arriva. Cerchiamo di focalizzare le nostre energie su pochi prodotti che si avvicinino al nostro modo di essere. La canzone deve essere autorale e lanciare un messaggio. I nostri artisti fanno un cantautorale-pop. Nella promozione seguiamo due strade. Se un artista propone un prodotto finito valido, entra in "Ostello" con un discorso di label, ossia di distribuzione su digital store. Se, invece, crediamo molto nell'artista lo produciamo».

Quali sono gli strumenti che la tecnologia mette a disposizione dei produttori?
«Sicuramente permette a molti cantanti di farsi conoscere da soli. Grazie, ad esempio, a Youtube anche un giovane può diventare una star, ma di fondo ci vuole sempre il talento. E, ovviamente, il messaggio lanciato nella canzone deve essere interessante e virale».

Che ruolo coprono i social nella promozione?
«Oggi i social coprono l'80% della promozione. Ma bisogna saperli usare».

Il successo di un artista: quanto dipende da lui e quanto dall'etichetta?
«All'etichetta do un 30%. La bravura di un'etichetta indipendente sta nel lavoro dei direttori. Oggi molti artisti, anche conosciuti, escono con le indipendenti. Fondamentale è il lavoro che si fa sugli artisti. L'etichetta è un valore aggiunto. Alla fine chi merita e ha talento, passione e perseveranza viene fuori anche se il successo è sempre decretato dal pubblico».

Quali i limiti delle etichette indipendenti?
«Sono tanti, innanzitutto i soldi. Conti alla mano, tra promozioni e tutto ciò che ruota intorno a un artista i costi sono molto elevati. Il pregio di un'etichetta è dare uno spazio in cui l'artista si riconosca senza troppi vincoli».

Davanti alle majors, quella delle etichette indipendenti si può definire una guerra tra "poveri" o l'unica vera fucina di talenti?
«Da un paio di anni c'è una primavera delle etichette indipendenti. Molti artisti si sono accorti che danno libertà di esprimersi e promozionarsi. Non è una guerra tra poveri. Già aprire un'etichetta ti mette in una posizione che non è per tutti. Sarà la vera prossima fucina di talenti, dove l'artista si può avvicinare ad altri artisti che gli somigliano e creare una rete di collaborazione. Una nuova primavera di musica, un respiro nuovo».

Diciamoci la verità, ogni artista indipendente spera in un contratto con una major? Oggi è possibile senza partecipare ai talent televisivi?
«Tutti. Fino a qualche anno fa c'erano Amici, X-Factor e The Voice. Tutto usciva da lì. Non è una critica, era comunque una selezione. Ora il pubblico, attraverso i social, va verso la scoperta dell'autore. E chi arriva da lì, con centinaia di persone che lo seguono, ha una nuova forza».