La chiamata alle armi è arrivata dai massimi livelli. Il Patto per il Lazio siglato dal premier Matteo Renzi e dal presidente della Regione Nicola Zingaretti rappresenta un segnale politico forte e chiaro anche per le comunali di Roma. Dove il Pd non ha intenzione di abdicare, anzi: il sostegno a Roberto Giachetti dovrà essere massimo. Ma il risultato delle elezioni capitoline avrà effetti dappertutto.

In Italia ma anche in provincia di Frosinone: non soltanto per la vicinanza geografica, ma soprattutto per quella politica. Sia nel breve che nel medio periodo. Perché tra un anno si vota nel capoluogo, perché il referendum autunnale potrebbe aprire la strada ad elezioni anticipate alla Camera, perché comunque poi ci saranno le regionali.

Se Virginia Raggi dovesse indossare la fascia di sindaco di Roma, è chiaro che il Movimento Cinque Stelle si sentirebbe galvanizzato. Non soltanto Alessandro Di Battista e Luigi Di Maio, ma pure Luca Frusone, che già ha iniziato a duellare con i Democrat in Ciociaria. A quel punto i pentastellati cercherebbero un candidato sindaco di livello per Frosinone.

Lo stesso Frusone inizierebbe in anticipo la campagna elettorale per le comunali. Ma se a Roma Giorgia Meloni dovesse vincere il derby nel centrodestra con Alfio Marchini, allora Fratelli d’Italia acquisterebbe peso e sicurezza. L’effetto domino arriverebbe fino in provincia di Frosinone, con i rappresentanti locali “obbligati” a provare il definitivo salto di qualità sul territorio.

Dove peraltro a Ceccano Massimo Ruspandini e Roberto Caligiore hanno dimostrato, con largo anticipo, che il “laboratorio civico” produce ottimi risultati alle comunali. Ma cosa succede se il derby se lo aggiudica Alfio Marchini? Sul quale esiste una convergenza tra Pierferdinando Casini, Angelino Alfano e Silvio Berlusconi.

Il quale continua a ripetere che con Fratelli d’Italia e la Lega la spaccatura c’è soltanto a Roma. Se però prevale Marchini tutto può cambiare. Con Forza Italia e Area Popolare-Ncd che potrebbero ritrovarsi dalla stessa parte anche in futuro. In provincia di Frosinone uno scenario del genere è più complicato da immaginare, considerando il “gelo” dei rapporti tra il consigliere regionale Mario Abbruzzese (Forza Italia) e il leader dell’Ncd Alfredo Pallone. In politica mai dire mai, però il percorso resterebbe in salita.
Peraltro ci sono altri aspetti. Dopo le elezioni il coordinatore regionale di Forza Italia Claudio Fazzone ha annunciato un chiarimento. Che sarà a muso duro e a denti stretti.

Nel Nuovo Centrodestra Massimiliano Mignanelli punta alla leadership confidando sul risultato di Cassino. Infine il Partito Democratico: se Giachetti vince a Roma, allora sarà complicato contrastare Renzi sul referendum. Se invece i Democrat dovessero perdere il Campidoglio, allora il rischio dell’avviso di sfratto al premier (teorizzato da Silvio Berlusconi e Beppe Grillo) potrebbe concretizzarsi. In provincia di Frosinone sono tutti già pronti alle grandi manovre, comunque vada.

Perché gli obiettivi sono i soliti: le candidature alla Camera e alla Regione. Al Parlamento puntano Francesco Scalia, Francesco De Angelis, Maria Spilabotte, Nazzareno Pilozzi, Sara Battisti. Alla Pisana Mauro Buschini e Marino Fardelli, ma potrebbe aggiungersi Antonio Pompeo. Ecco perché saranno tutti davanti al televisore nella notte tra il 5 e 6 giugno. Rien ne va plus. 

Maurizio Stirpe li boccia tutti. Senza appello

Ha detto che il “re è nudo”. Come nella fiaba di Hans Christian Andersen. Tutti lo vedevano, ma nessuno aveva il coraggio di gridarlo. In realtà Maurizio Stirpe, neo vicepresidente di Confindustria nazionale e numero uno di Unindustria, da tempo ripete che «a Roma non bisognava andare a votare, per la Capitale e per i cittadini». Aggiungendo che «vista la situazione, sarebbe stato meglio un commissariamento di almeno un anno e mezzo». Il punto è che il leader degli industriali del Lazio non può certo essere “ecumenico”.

Ha detto Maurizio Stirpe nel corso di un’intervista a Rebus (Canale 21): «Finora dai candidati e dalla politica non ho ancora sentito una vera strategia per Roma, una visione sul futuro della città. Piuttosto ho ascoltato solo tante promesse che saranno impossibili da mantenere».

La vera notizia è che né i candidati a sindaco né i partiti hanno provato a rispondere alle critiche del presidente di Unindustria. E questo è indicativo. In realtà, chi ha messo in campo un progetto vero per la Capitale? La campagna elettorale va avanti in tono minore. Roma è la vetrina del Paese e da anni guadagna le prime pagine dei media internazionali per gli scandali, per i trasporti che non funzionano, per il degrado delle periferie.

Nessuno ragiona di sviluppo, di apertura di cantieri, di sviluppo sostenibile, di possibili investimenti. Nel presentare la seconda edizione di Unirete, proprio Maurizio Stirpe aveva parlato di filiera allargata, di crescita dimensionale delle imprese, di innovazione, di competitività, di internazionalizzazione.

Temi che dovrebbero essere centrali nella campagna elettorale romana. E che invece restano i margini del dibattito perché la verità è che le forze politiche preferiscono parlare di politica e non di amministrazione, preferiscono buttarla in caciara anziché provare a costruire qualcosa. Poi naturalmente Maurizio Stirpe è il primo ad augurarsi di essere smentito. Intanto però la sferzata ha lasciato il segno.

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