Ucciso da una micidiale trappola per i cinghiali. Ieri la sentenza. Il gup del tribunale di Frosinone, Antonello Bracaglia Morante, al termine di un processo celebrato con il rito abbreviato ha condannato il cacciatore Angelo DellâOmo, 68 anni, a tre anni e dieci mesi di reclusione. Lâuomo è stato dichiarato colpevole della morte di Luciano Bondatti, ma anche del possesso delle armi.
Nel primo caso, per lâimputazione di omicidio colposo pluriaggravato dallâuso di armi clandestine, è stato condannato a due anni e quattro mesi, mentre per il possesso delle armi la pena è stata di un anno e mezzo. Ben più severa, peraltro, era statala richiesta avanzata dal pubblico ministero Rita Caracuzzo che aveva sollecitato due anni per lâomicidio colposo e quattro anni per le armi.
Il giudice ha disposto una provvisionale immediatamente esecutiva in favore delle parti civili, rappresentate dagli avvocati Vincenzo Galassi e Debora Fiore, di 680 mila euro, così ripartita: 200 mila euro per la moglie, 150 mila a ciascuno dei due figli, 100 mila euro per la madre e ottantamila per la nuora. L'imputato, che è agli arresti domiciliari dove di fatto ha già scontato un anno, era difeso dallâavvocato Nicola Ottaviani.
Secondo la ricostruzione dei carabinieri, sulla base degli accertamenti tecnici dei Ris, Bondatti, 66 anni, era uscito di casa poco dopo le 5.15 del mattino del 10 settembre 2015. Andava a piedi verso il bosco. Ma ad un certo punto avrebbe urtato con il piede uno spago piazzato a terra, attivando il congegno killer, preparato, come poi scoperto nel corso delle indagini, da DellâOmo.
La distanza dello sparo era ravvicinata. Bondatti venne colpito allâaltezza dellâinguine, allâarteria femorale. Pur sanguinante in maniera copiosa, riusciva a trascinarsi per circa 25 metri verso le case per chiedere aiuto. Inutili le grida dâaiuto. Nessuno lo avrebbe sentito. O meglio qualcuno dei residenti avrebbe avvertito qualcosa, senza darvi peso. Dunque nessuno era accorso sul posto. E soprattutto nessuno avrebbe chiamato le forze dellâordine. Il cadavere, infatti, venne scoperto tra le 8.30 e le 9 da alcuni agricoltori.
Allâinizio si pensò a un incidente di caccia. Ma dopo qualche ora venne a galla la verità . Due giorni dopo fu arrestato DellâOmo, incastrato da una canna di fucile che non si trovava. Nel corso del processo la difesa ha fatto leva sul fatto che la trappola killer fosse posta sul perimetro del terreno di DellâOmo a scopo di difesa delle coltivazioni contro gli attacchi dei cinghiali. E ciò avrebbe comportato unâattenuazione della volontà di uccidere.