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L'analisi

Appartamento trasformato in centrale di spaccio, caccia ai depositi

Oggi gli interrogatori di madre e figli arrestati. Intanto emergono nuovi elementi dalle carte del gip: "Attività ben organizzata". Riferimento per tutta la zona

Droga in un appartamento di San Bartolomeo, dopo l'arresto di Antonietta Di Silvio e dei suoi due figli oggi è il giorno delle verità dei familiari finiti nell'operazione dell'Arma denominata "Dodicesimo round". La madre di 54 anni e il secondogenito, Alessio Alfredo, di 19 anni sono finiti in carcere. Per la primogenita, Francesca, di 21 anni (incensurata) è stata invece applicata la misura dei domiciliari. Per tutti - assistiti dall'avvocato Mariano Giuliano - oggi è il giorno delle spiegazioni; per Antonietta, ovviamente, su rogatoria.

Le indagini dei carabinieri della Compagnia di Cassino si sono basate sul metodo "tradizionale": sono stati i tanti assuntori fermati dopo l'acquisto di minime dosi dagli uomini del capitano Ivan Mastromanno a indicare la "fonte". Un lavoro durato da marzo a giugno: numerosi quelli che hanno riconosciuto anche attraverso le foto i membri del nucleo familiare quali fornitori di coca e marjiuana. Piccole quanto costanti dosi, dai 20 ai 40 euro, ma sicure. «Dalle dichiarazioni acquisite si comprende - scrive il gip Gabriele Montefusco - che gli acquirenti si presentavano direttamente presso l'abitazione senza necessità di "ordinare" lo stupefacente per cui si evince che l'attività era ben organizzata, stabile ed efficiente, divenuta punto di riferimento della zona».

Le storie
Guardando in controluce i tanti appostamenti dei militari, storie di ordinaria follia e disperazione. Come quella della moglie di un assuntore che ha consegnato un ovulo di cellophane bianco, termosaldato, ai carabinieri raccontando loro di aver trovato la droga nel calzino del marito: droga che poi risulterà essere stata acquistata proprio in quell'appartamento. Oppure l'episodio in cui l'assuntore aveva raggiunto San Bartolomeo con il trattore per approvvigionarsi, spinto da un "impellente bisogno". Gli inquirenti, però, ritengono - sempre in base alle dichiarazioni rese dai clienti - che la droga sia nascosta altrove, anche perché la perquisizione effettuata con i cinofili ha dato esito negativo. E per questo sono a caccia dei "depositi" che potrebbero trovarsi in un raggio d'azione affatto importante.

In alcuni casi - scrive ancora il gip nell'ordinanza - gli indagati aprivano la porta «già con la sostanza da consegnare», a volte chiedevano di ripassare oppure uno usciva e tornava in possesso di droga. Sempre, comunque, minimi quantitativi. Sono state quella «ventina di occasioni», o «cinquantina di volte» sottoscritte dalle persone fermate a convincere i militari (poi il pm Bulgarini e il gip Montefusco) che si tratti di un sistema stabile e ben collaudato e non di episodi occasionali.

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